Un’esplosione nel cielo della periferia sud di Beirut ha spezzato il fragile equilibrio mediorientale. Un raid dell’aviazione israeliana ha colpito un edificio residenziale, centrando l’obiettivo indicato dalle autorità militari di Tel Aviv: il capo di stato maggiore di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabai. L’attacco ha provocato cinque vittime e 28 feriti, secondo i dati ufficiali diffusi dal ministero della Salute libanese.
L’obiettivo del raid – L’Idf ha definito l’operazione mirata a eliminare il “capo di stato maggiore de facto” della milizia sciita libanese. In un video diffuso ai media, il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha rivendicato il raid e descritto Tabatabai come “un assassino sanguinario, con le mani sporche del sangue di israeliani e americani”, sostenendo che “di recente aveva guidato i nuovi sforzi di Hezbollah per riarmarsi dopo i duri colpi subiti”. Il premier ha ribadito che “lo Stato di Israele non permetterà a Hezbollah di ricostruire le proprie capacità né di costituire una minaccia per Israele” e ha affermato di “aspettarsi che il governo libanese disarmi Hezbollah”.
Reazioni da Beirut – Le prime dichiarazioni da parte della milizia sciita sono arrivate attraverso Mahmoud Qomati, alto responsabile del movimento, che ha accusato Israele di aver “superato un’altra linea rossa”. Qomati ha confermato che “una personalità della resistenza” era stata presa di mira, pur aggiungendo che “i risultati del raid non sono ancora conosciuti”. Una formulazione che lascia spazio a possibili verifiche interne sulla reale portata dell’attacco.
Rapporti con Washington – A rendere ancora più teso il quadro geopolitico, il fatto che Israele non avrebbe informato gli Stati Uniti prima dell’operazione. Lo ha rivelato l’emittente Channel 12, citando un funzionario americano secondo cui Washington era consapevole dell’intenzione di intensificare gli attacchi in Libano, ma non conosceva né il bersaglio né il momento dell’azione. Un alto funzionario israeliano ha successivamente confermato che gli Stati Uniti sono stati avvisati soltanto dopo il raid.
Tregua in bilico a Gaza – Mentre Beirut conta le vittime, nella Striscia di Gaza la tregua sostenuta da Washington vacilla nuovamente. Secondo fonti palestinesi, una serie di bombardamenti israeliani in diverse aree della Striscia ha provocato 21 morti e numerosi feriti. Tel Aviv accusa Hamas di aver violato il cessate il fuoco aprendo il fuoco oltre la Linea Gialla che delimita la zona controllata dall’Idf. La milizia islamica respinge le accuse, denunciando “una violazione degli accordi” e chiedendo ai mediatori internazionali di intervenire.
Netanyahu: “Israele agisce da solo” – Nel corso della riunione di governo, il premier israeliano ha definito “una menzogna assoluta” le affermazioni secondo cui Israele agirebbe con autorizzazioni esterne. “Noi operiamo indipendentemente da chiunque. L’Idf intraprende automaticamente azioni immediate per contrastare gli attacchi. Questo passa attraverso il ministro della Difesa e alla fine arriva a me, e decidiamo indipendentemente da qualsiasi fattore”, ha dichiarato Netanyahu, aggiungendo che il governo continuerà a impedire a Hezbollah di ricostruire la propria capacità offensiva in Libano.
Diplomazia in movimento – La tensione non ferma, almeno per ora, il fronte negoziale. Una delegazione di alti funzionari di Hamas è giunta al Cairo per incontrare i vertici dell’intelligence egiziana. Secondo quanto riportato dal quotidiano saudita Al-Hadath, rilanciato dal Times of Israel, l’incontro è volto a discutere “le modalità per contenere l’escalation” e il passaggio alla seconda fase del piano promosso dagli Stati Uniti per il futuro di Gaza. Sono previsti colloqui anche con i rappresentanti dei paesi mediatori: Egitto, Qatar e Stati Uniti.

