Si è spento a 69 anni Giuseppe Vessicchio. Il maestro è morto oggi nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, dove era ricoverato per una polmonite interstiziale precipitata rapidamente. I funerali si terranno in forma strettamente privata. La notizia ha scosso il mondo della musica italiana.
Il profilo – Direttore d’orchestra, compositore e arrangiatore tra i più popolari, per tutti Beppe, Vessicchio è stato volto iconico del Festival di Sanremo per oltre trent’anni, fino a diventarne un simbolo riconoscibile anche fuori dai palchi dell’Ariston. Quattro le edizioni vinte come direttore d’orchestra: 2000 con gli Avion Travel (Sentimento), 2003 con Alexia (Per dire di no), 2010 con Valerio Scanu (Per tutte le volte che) e 2011 con Roberto Vecchioni (Chiamami ancora amore). Premi ripetuti come miglior arrangiatore hanno suggellato una carriera costruita sulla raffinatezza del suono e sull’eleganza del gesto.
Le collaborazioni – Nato a Napoli il 17 marzo 1956, muove i primi passi tra gli studi di registrazione della sua città lavorando con Nino Buonocore, Edoardo Bennato, Peppino di Capri, Peppino Gagliardi e Lina Sastri. Decisiva la lunga collaborazione con Gino Paoli, con cui firma brani come Ti lascio una canzone e Cosa farò da grande. Nel tempo incrocia la strada di tanti big della canzone d’autore e del pop italiano, da Zucchero a Ron, da Ornella Vanoni a Elio e le Storie Tese, fino a Eros Ramazzotti e Fiorella Mannoia.
La televisione e la scuola – Popolarissimo anche sul piccolo schermo, Vessicchio entra nell’immaginario collettivo grazie al ruolo di docente e maestro d’orchestra ad Amici di Maria De Filippi, contribuendo a formare generazioni di giovani artisti. La sua presenza – da insegnante, giurato tecnico e direttore dell’orchestra – accompagna il talent in più stagioni, rendendolo uno dei volti televisivi più amati dal pubblico.
L’eclettismo – Oltre ai festival e alla tv, il maestro ha portato la sua bacchetta in contesti prestigiosi e non convenzionali: ha diretto a Mosca nella Sala Rossa del Cremlino per un omaggio a John Lennon e ha abbracciato progetti pop come il Rockin’1000, la “più grande rock band del mondo”, segno di una curiosità musicale inesauribile.
L’ultimo tratto – Negli ultimi anni aveva continuato a sperimentare tra palchi, programmi e progetti speciali, restando punto di riferimento per qualità, ironia e rigore. Oggi la sua scomparsa lascia un vuoto nella musica italiana e nella memoria popolare: il gesto rotondo della sua mano destra, il sorriso gentile, la capacità di “accordare” pubblico e orchestra resteranno patrimonio condiviso.

