Aversa, Emanuele Di Caterino ucciso a 14 anni: il pg chiede assoluzione per imputato

di Redazione

Aversa (Caserta) – Un colpo di scena inatteso scuote il processo sulla morte di Emanuele Di Caterino, 14enne di San Cipriano d’Aversa, accoltellato il 7 aprile 2013 ad Aversa. Il sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Napoli ha chiesto l’assoluzione per Agostino Veneziano, di San Marcellino, all’epoca 17enne e oggi 29enne, libero. Secondo l’accusa, che paradossalmente diventa difesa, l’omicidio sarebbe frutto di legittima difesa e non di un gesto volontario.

La requisitoria – Davanti ai giudici della Corte d’Appello del tribunale dei Minori, il pg Valter Brunetti ha parlato per poco più di un quarto d’ora. Ma il suo intervento ha ribaltato l’intero impianto accusatorio: per il magistrato, Veneziano non avrebbe ucciso per colpire, ma per difendersi. Una linea che si fonda sull’estensione della sentenza di assoluzione già ottenuta in un secondo procedimento, quello per le lesioni inferte agli amici di Emanuele subito dopo il delitto. In quel caso i giudici avevano riconosciuto la legittima difesa, e ora Brunetti ritiene che lo stesso principio valga anche per l’omicidio. Veneziano, secondo il pg, impugnò il coltello “in posizione difensiva”, reagendo a un’aggressione improvvisa.

La reazione della famiglia – Completamente opposta la visione dei legali della famiglia Di Caterino, gli avvocati Maurizio Zuccaro e Sergio Cola, che da sempre sostengono la totale autonomia tra l’omicidio e gli episodi successivi. Per loro, Emanuele fu colpito “dritto per dritto alle spalle”, come attestato dall’autopsia, segno di un gesto deliberato e non difensivo. Nessuna proporzionalità, sottolineano, tra l’azione del 17enne e il comportamento della vittima, che era girata e disarmata, così come gli altri ragazzi presenti.

Una vicenda giudiziaria infinita – Quello in corso è l’ottavo processo celebrato per la stessa vicenda, tra rinvii, annullamenti e nuove sezioni giudicanti. Tutto cominciò nel 2014 con il rito abbreviato davanti al giudice monocratico del tribunale dei Minori, che condannò Veneziano a quindici anni. La Corte d’Appello annullò poi la sentenza, disponendo un nuovo processo davanti al collegio. Seguirono condanne a otto e poi a dieci anni, fino a quando, nel 2023, la Cassazione annullò ancora tutto, rinviando a Napoli. Da lì un ulteriore verdetto di otto anni, nuovamente messo in discussione nel maggio 2024, quando la Suprema Corte chiese di approfondire proprio il tema della legittima difesa.

La madre di Emanuele – «Vedere l’assassino di mio figlio che cammina a testa alta e passa anche davanti casa, è qualcosa di terribile», aveva detto Amalia Iorio, madre del 14enne, quando Veneziano fu scarcerato. Da allora non ha mai smesso di chiedere giustizia, scrivendo lettere, intervenendo in Parlamento e incontrando studenti per parlare di violenza e bullismo. «Agli altri miei tre figli – raccontò – non ho mai fatto pesare la mia battaglia, ma mi chiedono, e me lo chiedo anch’io: qual è il senso di avere tanto battagliato se ancora giustizia non è stata fatta?». La prossima udienza è fissata per metà dicembre.

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