Il conflitto nella Striscia di Gaza conosce una nuova escalation. Dall’alba, secondo fonti mediche citate da Al Jazeera, almeno 33 persone hanno perso la vita negli attacchi israeliani, di cui 21 a Gaza City, epicentro dell’assalto via terra lanciato dall’esercito israeliano per conquistare il principale centro urbano dell’enclave palestinese.
Le parole del Papa – Durante l’udienza generale in piazza San Pietro, Papa Leone XIV ha rotto il silenzio pronunciando un forte appello sulla situazione umanitaria: «Davanti al Signore Onnipotente che ha comandato “Non ucciderai” e al cospetto dell’intera storia umana, esprimo la mia profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza, che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili costretto con la forza a spostarsi, ancora una volta, dalle proprie terre». Parole accolte con un lungo applauso dai fedeli. «Ogni persona ha sempre una dignità inviolabile da rispettare e da custodire», ha ribadito il Pontefice.
L’offensiva israeliana – Il portavoce in lingua araba dell’Idf ha dichiarato sui social: «Abbiamo iniziato ad abbattere le infrastrutture di Hamas a Gaza, la città è un’area di combattimento pericolosa. Controlliamo il 40% della città». In una nota successiva, l’esercito ha confermato: «Stiamo lanciando un potente attacco contro la roccaforte di Hamas nella città di Gaza. Nelle ultime 24 ore, le truppe della 98/a Divisione hanno iniziato operazioni di terra nel centro di Gaza City». Durante le manovre sono stati fatti esplodere diversi blindati telecomandati, provocando la distruzione di molti edifici. L’aviazione ha inoltre colpito circa 50 obiettivi durante la notte, fra cui tunnel, edifici utilizzati da gruppi armati e altre infrastrutture.
Vittime e ospedali sotto attacco – Secondo Al Jazeera, almeno 106 persone sono morte negli ultimi attacchi israeliani, 91 delle quali a Gaza. Il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, ha denunciato il bombardamento dell’ospedale pediatrico al-Rantisi, colpito tre volte consecutive. Non si registrano vittime, ma decine di pazienti e parte del personale sono fuggiti. Il ministero ha rivolto un appello per garantire protezione a strutture sanitarie e personale medico.
Reazioni internazionali – Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito il premier israeliano Benjamin Netanyahu «parente ideologico di Hitler» aggiungendo che «farà la stessa fine». Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha replicato: «Gaza sta bruciando, andremo avanti fino alla sconfitta di Hamas». Negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha accusato Hamas di aver spostato gli ostaggi «in superficie, in case e tende, per usarli come scudi umani: un’atrocità». Netanyahu ha confermato di aver ricevuto un invito da Trump alla Casa Bianca. L’Onu ha definito quanto sta accadendo a Gaza «genocidio».
Il no dell’Egitto allo sfollamento – Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha ribadito al quotidiano Al Ahram la contrarietà del Cairo: «Siamo fermamente contrari a qualsiasi forma di spostamento forzato del popolo palestinese. Non tollereremo una seconda Nakba. Il concetto stesso di sfollamento è moralmente ed eticamente corrotto e palesemente illegale».
Proteste in Israele – Migliaia di persone hanno manifestato a Gerusalemme davanti alla residenza del premier Netanyahu. Altre centinaia hanno protestato davanti al suo ufficio, mentre cresce la preoccupazione per la sorte degli ostaggi. In conferenza stampa, il premier ha definito «evidente» l’ipocrisia di chi condanna Israele per gli attacchi condotti a Doha contro i leader di Hamas.
Altri fronti di tensione – L’Iran ha giustiziato un uomo accusato di spionaggio per Israele. Si tratta di Babak Shahbazi, condannato per presunti scambi di informazioni con agenti legati al Mossad. Intanto, le Forze di difesa israeliane hanno annunciato l’apertura di una seconda via di evacuazione da Gaza City lungo sala-al-Din Street, disponibile da mezzogiorno di oggi a mezzogiorno di venerdì.
Accuse di Human Rights Watch – Un rapporto della Ong denuncia Israele per presunti crimini di guerra in Siria meridionale: demolizioni di case, sfollamenti forzati e arresti di civili trasferiti oltre confine. Secondo Hrw, si tratterebbe di una strategia volta a consolidare la presenza militare israeliana nella zona di Hamadiya.