Un ergastolo con isolamento diurno per 36 mesi. È la condanna inflitta ad Antonio Mangiacapre, 54 anni, operaio di Cesa, riconosciuto colpevole dell’omicidio volontario dei fratelli Marco e Claudio Marrandino, rispettivamente avvocato di 39 anni e imprenditore edile di 29, freddati il 15 giugno del 2024 in via Astragata, al confine tra Succivo e Orta di Atella, all’altezza dello svincolo della statale Nola-Villa Literno.
La sentenza è stata emessa dalla Corte di Assise di Napoli, seconda sezione penale, presieduta da Pasquale Cristiano, con a latere Paola Valeria Scandone, al termine del dibattimento richiesto dalla Procura di Napoli Nord e trasferito nel capoluogo partenopeo per indisponibilità delle aule ad Aversa.
Un gesto di follia durante una lite per la viabilità – È stata una discussione per motivi di viabilità, nei pressi dello svincolo, a scatenare la furia omicida di Mangiacapre. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il 54enne avrebbe esploso diversi colpi d’arma da fuoco contro il Suv Bmw bianco sul quale viaggiavano i fratelli Marrandino: prima contro Claudio, alla guida, poi contro Marco, che aveva tentato di fuggire. La scena è avvenuta sotto gli occhi di una pattuglia dei carabinieri, dettaglio che ha consentito agli investigatori di identificare rapidamente il sospettato. Il movente inizialmente ipotizzato – legato a presunte controversie familiari o questioni ereditarie – è stato poi escluso: nessuna faida o vendetta, solo un raptus di rabbia improvvisa.
L’arsenale e la confessione – Mangiacapre, noto per la sua passione per le armi, deteneva illegalmente un vero e proprio arsenale: a casa sua sono stati trovati un fucile a canne mozze con matricola abrasa, una pistola semiautomatica e oltre 100 chili di bossoli. Tuttavia, l’arma usata per il duplice omicidio non è stata ancora ritrovata. In un primo momento, l’operaio aveva cercato di costruirsi un alibi, raccontando di trovarsi quel giorno alla clinica Pineta Grande di Castel Volturno e, successivamente, presso un’azienda agricola di un parente a Grazzanise. Versione smentita rapidamente dagli accertamenti. Solo dopo, messo alle strette, ha confessato, collaborando con gli inquirenti. Il suo legale, avvocato Paolo Caterino, ha sottolineato proprio l’importanza della confessione e della collaborazione durante la discussione in aula.
La parola ai legali di parte civile – La Corte ha accolto integralmente la richiesta del Pubblico Ministero Antonio Vergara, che in aula ha replicato anche sulla circostanza sollevata dalla difesa: Mangiacapre avrebbe voluto sin da subito indicare il luogo dove trovare l’arma, ma non gli fu consentito per ragioni non imputabili a lui. Commosso il commento dei legali delle parti civili, avvocati Luigi Poziello e Dario Carmine Procentese del Foro di Napoli Nord, amici stretti delle vittime: “È stata fatta giustizia. Eravamo legati a Claudio e Marco da una profonda amicizia”. La Corte si è riservata 90 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza.