Un’associazione criminale radicata tra Napoli e provincia, ma attiva su scala nazionale, è stata smantellata dai carabinieri del Comando provinciale di Genova, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura ligure.
Tredici persone, tutte residenti nell’area partenopea, sono finite in carcere con l’accusa di aver messo a segno 28 truffe, oltre a 15 tentativi andati a vuoto, tra settembre 2023 e marzo 2024. Le vittime erano quasi sempre anziani, raggirati con le ormai note tecniche del finto maresciallo, del finto avvocato o del finto parente.
Una struttura ben oliata – Dalla logistica ai telefonisti, tutto era studiato nei minimi dettagli – A capo della banda c’erano Alessandro D’Errico e Antonietta Mascitelli, entrambi con precedenti penali, indicati come “zio” e “zia” dagli altri componenti. I due gestivano l’intera macchina operativa: mettevano a disposizione i veicoli, i telefoni e i locali adibiti a veri e propri call center. Qui agivano i “telefonisti”, incaricati di individuare le vittime e di mantenerle al telefono fino all’arrivo del complice incaricato di ritirare denaro e gioielli, fingendosi un conoscente di un familiare coinvolto in guai giudiziari.
Ogni missione era organizzata nei dettagli. I cosiddetti “trasfertisti”, partiti da Napoli la domenica sera, soggiornavano in B&B nelle aree individuate come bersaglio, per poi colpire durante la settimana. I movimenti erano pianificati con l’uso di treni, taxi e auto a noleggio, così da rendere più agevole il raggiungimento dell’abitazione delle vittime. Le comunicazioni tra i vari livelli dell’organizzazione avvenivano attraverso cellulari di vecchia generazione, con schede intestate a cittadini extracomunitari irreperibili, oppure tramite smartphone con utenze registrate a prestanome. I contatti si svolgevano tramite chat e social network.
Tecniche collaudate – Dalle “chiamate filtro” al controllo psicologico delle vittime – Il primo passo era la cosiddetta “chiamata filtro”, telefonate brevissime a utenze fisse delle località prescelte, con lo scopo di capire se dall’altro capo rispondesse una persona anziana. In caso positivo, il numero veniva passato ai promotori, che si spacciavano per marescialli o avvocati, raccontando storie allarmanti – un parente coinvolto in un incidente, un arresto imminente – e chiedendo con urgenza denaro per risolvere la situazione.
Il complice incaricato del ritiro, già posizionato nei pressi dell’abitazione, entrava in scena solo dopo aver ricevuto il via libera. Nel frattempo, il “telefonista” intratteneva la vittima, impedendole di contattare parenti o forze dell’ordine, mantenendo così il controllo totale della situazione. Grazie a questo meccanismo, la banda è riuscita a ottenere un bottino illecito stimato in oltre 330mila euro.
Sostegno anche in caso di arresto – Avvocati e soldi per i familiari dei complici – L’organizzazione era talmente strutturata da prevedere anche un supporto ai componenti arrestati. In caso di fermo, veniva immediatamente nominato un avvocato e garantito un sostegno economico per i familiari rimasti a casa.
L’indagine – Coordinamento tra Genova e Napoli, due arresti e una denuncia già nei mesi scorsi – Le indagini, condotte dal Nucleo operativo della Compagnia di Genova San Martino, avevano già portato nei mesi scorsi a due arresti in flagranza e a una denuncia. In due casi, le truffe erano state sventate e i militari erano riusciti a recuperare circa 10mila euro.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Tribunale di Genova e riguarda un totale di 43 episodi di truffa pluriaggravata. Gli arrestati sono accusati di aver messo in piedi un sistema criminale spietato e scientifico, che ha sfruttato la vulnerabilità degli anziani, colpendo in tutta Italia con un modello criminale replicabile e altamente remunerativo.