Era partito per l’Olanda con la speranza di un impiego stabile, ma quella promessa si è rivelata un inganno. Al suo ritorno, a bordo di un autobus proveniente dalla Svizzera e diretto a Napoli, è stato arrestato con quasi un chilo di droga in suo possesso, in parte ingerita, altra tra i bagagli. Ora, a distanza di undici mesi, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Como ha disposto la revoca degli arresti domiciliari per A.L., 37enne residente a Boscoreale (Napoli), accogliendo la ricostruzione presentata dalla difesa.
L’uomo era stato fermato l’11 giugno dello scorso anno durante un controllo eseguito dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane. Viaggiava a bordo di un autobus privato proveniente dalla Svizzera. Aveva nello stomaco 29 ovuli contenenti cocaina ed eroina, mentre altri 79 ovuli erano nascosti nello zaino che portava con sé. In totale, oltre 450 grammi di cocaina, quasi 600 grammi di eroina e circa 5 grammi di marijuana, tutte sostanze destinate allo spaccio, secondo l’accusa.
Nel corso del procedimento, la difesa – affidata all’avvocato Giuseppe Andreozzi di Aversa – ha delineato un contesto di forte vulnerabilità. Secondo quanto sostenuto, A.L. sarebbe stato vittima di un raggiro, attirato ad Amsterdam da una falsa offerta di lavoro, finendo invece nelle mani di un’organizzazione criminale che lo avrebbe costretto al trasporto della droga.
Un’ipotesi che il giudice ha ritenuto non solo plausibile, ma supportata da alcuni elementi oggettivi. Nelle motivazioni della sentenza si legge, infatti, che “considerato che al medesimo non venne trovato denaro, e che effettivamente la tratta bus da Amsterdam a Napoli, suo luogo di abituale residenza, nemmeno si può escludere che il suo coinvolgimento nell’organizzazione criminale fosse stato in qualche modo estemporaneo, ed appunto legato alle proprie necessità economiche; inoltre, la circostanza che lo stupefacente fosse in parte ingerito, in parte occultato nel bagagliaio, potrebbe rendere effettivamente verosimile la sua narrazione”.
Un quadro che delinea, secondo il giudice, una “condizione di disperazione allarmante, proprio perché sfruttabile in contesti criminali di ampio spessore”. Proprio alla luce di ciò, nel trattamento sanzionatorio sono state concesse le attenuanti generiche, tenendo conto del profilo dello status di incensurato dell’imputato, della sua condizione di marginalità sociale e delle dichiarazioni rese, considerate sintomatiche di consapevolezza e ravvedimento.