Due vite spezzate, sedici arresti e una scia di sangue che lega due quartieri simbolo della Napoli più ferita: la Sanità e il Mercato. Le forze dell’ordine hanno eseguito, nelle ultime ore, una doppia operazione che ha colpito al cuore due baby gang responsabili, secondo gli inquirenti, di due omicidi avvenuti a distanza di pochi mesi ma uniti da un drammatico filo rosso.
A perdere la vita sono stati Emanuele Tufano, 15 anni, crivellato dai proiettili il 24 ottobre scorso durante una “spedizione armata” al corso Umberto, e Emanuele Durante, 20 anni, ucciso lo scorso 15 marzo mentre era alla guida della sua Smart nera in via Santa Teresa degli Scalzi. Due episodi che, secondo le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Procura per i Minorenni, rappresentano le due facce di una stessa, inquietante realtà: un sistema criminale giovanile che si muove con dinamiche da clan adulti, con tanto di “processi interni”, gerarchie e regole di sangue.
Durante – parente di Annalisa Durante, la 14enne usata come scudo umano e uccisa nel 2004 a Forcella – sarebbe finito nel mirino dei suoi stessi “compagni di stesa”. Quella notte di ottobre, infatti, si trovava accanto a Tufano, a bordo di uno degli scooter del gruppo proveniente dal rione Sanità. Una paranza di ragazzini armati, scesi fino a piazza Mercato per mostrare i muscoli e incutere timore. Ma qualcosa va storto: nel conflitto a fuoco con un gruppo rivale, un proiettile – forse esploso da uno degli stessi ragazzi della Sanità – colpisce e uccide Tufano. Fuoco amico.
Da quel momento, la posizione di Durante diventa scomoda. Secondo la Dda, il ventenne sarebbe stato accusato, nell’ambito di una sorta di “giudizio sommario” deciso dai referenti criminali del rione Sanità, di aver tradito la fiducia del gruppo: non avrebbe detto tutta la verità su quanto accaduto. O, peggio, non avrebbe fatto nulla per difendere l’amico. Una colpa sufficiente per decretarne la condanna a morte. Il 15 marzo scorso, due persone in scooter lo hanno affiancato mentre era in auto, accanto alla fidanzata. Un colpo di pistola, l’auto che tampona un altro veicolo, poi la Smart che perde lentamente il controllo fino a invadere l’altra corsia. L’agguato è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza: gli inquirenti hanno potuto ricostruire ogni dettaglio dell’esecuzione.
A stringere il cerchio attorno ai presunti killer sono stati i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli, che hanno arrestato due persone per l’omicidio di Durante. In parallelo, la Squadra Mobile ha eseguito quattordici misure cautelari per l’omicidio di Tufano: otto maggiorenni e sei minorenni, tutti legati alle paranze giovanili della Sanità e del Mercato. Le accuse, pesantissime: omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione di armi da fuoco, tutte aggravate dal metodo mafioso.
Gli arresti, disposti su richiesta della Dda e della Procura dei Minorenni, sono il frutto di un’indagine serrata, coordinata dai sostituti procuratori Celeste Carrano, Maria Sepe e Raffaele Tufano, sotto la supervisione dell’aggiunto Sergio Amato. L’inchiesta ha svelato un retroscena che conferma il legame tra i due omicidi: uno dei presunti mandanti della morte di Durante è parente stretto di Tufano. Un segnale inequivocabile di quanto le due vicende si intreccino, non solo sul piano cronologico ma anche su quello umano e criminale. Sui social, molti dei ragazzi coinvolti non nascondevano la loro vicinanza al mondo delle armi: mitra e pistole esibiti come trofei, in una narrazione distorta dell’onore e del potere.