Dietro dirette social curate nei minimi dettagli e un sito internet dall’aspetto professionale si muoveva, secondo gli investigatori, un sistema organizzato e redditizio di vendita di prodotti contraffatti. Un’attività che per mesi avrebbe prosperato indisturbata, fino all’intervento della Guardia di finanza di Siracusa, che ha smantellato l’intera rete al termine di un’articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica.
L’operazione, condotta dai militari del Nucleo di polizia economico finanziaria, ha portato alla denuncia di tre persone per ricettazione e vendita di prodotti contraffatti: due residenti a Siracusa e una a Catania. Sequestrati migliaia di articoli falsi, beni mobili e denaro per circa 300mila euro, oltre alla chiusura di un sito internet utilizzato per le vendite.
Lo showroom clandestino – Al centro dell’inchiesta l’abitazione del principale indagato: una villa con piscina alla periferia di Siracusa, trasformata in uno showroom abusivo allestito come una vera boutique. All’interno venivano esposti capi di abbigliamento, borse, portafogli, orologi e accessori con marchi delle più note griffe di alta moda, risultati tutti contraffatti.
Le dirette social senza volto – Da quella postazione partivano dirette streaming su TikTok e Instagram, seguite da centinaia di utenti. Durante le trasmissioni la merce veniva mostrata e pubblicizzata, mentre i venditori evitavano accuratamente di apparire in volto, ricorrendo a maschere o stratagemmi per occultare la propria identità.
Il sito e la “qualità AA+” – Parallelamente all’attività sui social, gli indagati avevano realizzato un sito internet con provider statunitense, strutturato come un e-commerce professionale. Gli articoli erano catalogati per marchio e categoria, corredati da fotografie in alta definizione, prezzi e descrizioni studiate per esaltarne l’aspetto. Tra le diciture utilizzate spiccava “importazione parallela – qualità AA+ come l’originale”, ritenuta dagli investigatori un chiaro tentativo di rassicurare i clienti sull’elevata somiglianza con i prodotti autentici. In pochi mesi il portale era diventato virale, incrementando sensibilmente i profitti illeciti.
Pagamenti, conti esteri e contanti – Dopo l’acquisto, la merce veniva spedita tramite corrieri e pagata in contrassegno. Gli importi riscossi dai vettori venivano poi riversati, con cadenza mensile, su conti correnti riconducibili agli indagati, alcuni in Italia e altri all’estero, tra Belgio, Irlanda del Nord e Lituania. Il denaro veniva quindi prelevato quasi immediatamente in contanti e utilizzato per spese quotidiane, acquisti di beni di lusso, viaggi e vacanze.
Numeri e reddito di cittadinanza – L’analisi delle spedizioni degli ultimi cinque anni ha consentito di stimare la vendita, solo con pagamento in contrassegno, di circa 12mila articoli contraffatti, per un fatturato illecito complessivo superiore ai 2 milioni di euro. Dall’indagine è emerso anche che due dei tre indagati avrebbero indebitamente percepito il reddito di cittadinanza, presentando dichiarazioni non veritiere nonostante un tenore di vita incompatibile con il beneficio. A confermarlo, secondo gli investigatori, il sequestro di una Lamborghini Urus del valore di circa 270mila euro, nella disponibilità di uno degli indagati. IN ALTO IL VIDEO

