La nuova stagione giudiziaria che ruota attorno al ritorno in libertà del boss Antonio Mezzero si è materializzata oggi nell’aula del Tribunale di Napoli, dove otto imputati sono stati raggiunti da pesanti condanne in primo grado. Un verdetto che fotografa, per l’accusa, la riorganizzazione di una rete criminale che avrebbe accompagnato il boss dopo l’uscita dal carcere nel luglio 2022, al termine di oltre venticinque anni di detenzione.
Le condanne principali – Quattordici anni di reclusione sono stati inflitti ad Antonio Mezzero, 63 anni, originario di Brezza e da tempo trasferitosi a Santa Maria Capua Vetere, storicamente legato alla fazione Schiavone del clan dei Casalesi. Dodici anni per Davide Grasso, di Santa Maria La Fossa, indicato dagli inquirenti come figura operativa della presunta rete. Otto anni, invece, per il nipote del boss, Michele Mezzero, conosciuto come ‘o malese, ritenuto una cerniera tra lo zio e altri soggetti coinvolti. Per questo trio l’accusa è di associazione mafiosa, con condotte che, secondo l’impianto investigativo, sarebbero state monitorate dai carabinieri fino all’estate 2023.
Le estorsioni contestate – Sul fronte degli episodi estorsivi, cinque anni a testa per Carlo Bianco, di Casal di Principe, collegato alla compravendita di un capannone nell’Agro caleno; per Pietro Di Marta, di Vitulazio; e per Andri Spahiu, di Capua. Quattro anni per Pietro Zippo e tre anni e quattro mesi per Pasquale Natale, di Bellona. Secondo la ricostruzione accusatoria, gli imputati avrebbero intimidito una coppia per costringerla a lasciare un immobile a Bellona, di proprietà di Zippo. Nello stesso contesto sono stati contestati anche l’incendio di un’autovettura, attribuito a Grasso, Di Marta, Natale e Spahiu, e la detenzione illegale di una pistola a carico di Grasso e Natale. Alla difesa degli imputati figuravano gli avvocati Paolo Di Furia, Carlo De Stavola, Camillo Irace e altri. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni, come previsto.
Gli altri procedimenti collegati – Il capitolo aperto a Napoli riguarda solo una parte della più ampia inchiesta della Procura Antimafia, che inizialmente aveva coinvolto 24 persone. Di queste, 12 sono finite a giudizio immediato; mentre 8 di loro hanno scelto il rito abbreviato, ricevendo oggi la sentenza. Restano invece pendenti i processi davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. In quel filone sono imputati Alessandro Mezzero, altro nipote di Antonio, accusato di associazione mafiosa, e Giovanni Diana, cognato di Salvatore Nobis, alias Scintilla, coinvolto in un episodio estorsivo riferito alla compravendita di un capannone nell’Agro caleno: entrambi sono giudicati con abbreviato condizionato. In dibattimento ci sono le posizioni di Vincenzo Addario, di Curti, accusato di estorsione in concorso con Grasso e con Antonio e Michele Mezzero ai danni del gestore di una bisca, e di Giuseppe Diana, di San Cipriano d’Aversa, imputato per una tentata estorsione nei confronti del titolare di un autolavaggio (anch’egli con rito abbreviato).

