Arrivavano veloci, colpivano in pochi minuti e sparivano prima che qualcuno potesse accorgersene. È il copione che i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Pordenone attribuiscono a una banda di quattro uomini, tutti albanesi, ritenuti responsabili di 13 furti in abitazione messi a segno tra febbraio e marzo 2024 in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia: due sono finiti in manette, altri due sono tuttora ricercati e potrebbero aver lasciato il Paese.
L’indagine “Amg” – L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Pordenone, è partita da un colpo a San Vito al Tagliamento. La fuga su un’auto di grossa cilindrata, risultata poi rubata, ha offerto la prima traccia utile: seguendo quel veicolo i militari sono risaliti ai quattro presunti componenti del gruppo, senza fissa dimora e gravitanti nell’area milanese.
Il modus operandi – Sempre lo stesso schema: arrivo su auto sportive rubate e “ripulite” con targhe appena sottratte, un autista a fare da palo e gli altri a scavalcare cancelli e forzare serramenti, in collegamento via walkie-talkie. Le razzie scattavano nel tardo pomeriggio e in prima serata, dalle ore 17 alle 20, quando le case erano spesso vuote. Nel mirino denaro, gioielli, capi firmati e, in più occasioni, anche armi regolarmente detenute e persino i salvadanai dei bambini.
Arresti e ricerche – Due componenti sono stati rintracciati: uno nel carcere di Lodi, l’altro in un’abitazione di Tradate (Varese). Per entrambi il tribunale di Pordenone ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare. Gli altri due risultano al momento irreperibili e sono ricercati. Oltre ai furti, alla banda sono contestati riciclaggio e ricettazione (per le auto rubate) e resistenza a pubblico ufficiale.
I colpi contestati – Gli episodi accertati, 13 in tutto (nove furti riusciti e quattro tentati), toccano le province di Pordenone, Udine, Venezia, Bergamo e Cremona. In Friuli risultano colpite San Vito, Sacile, Pasiano, Fiume Veneto, Latisana, Artegna e Codroipo; in Veneto Cinto Caomaggiore.
La base nel milanese – Dopo ogni “trasferta”, il gruppo avrebbe fatto rientro nell’hinterland di Milano per sottrarsi ai controlli, cambiando rapidamente territorio e mezzi per disorientare le indagini.
I tentativi falliti e il posto di blocco – Nei quattro casi non andati a segno, l’azione è stata interrotta dal rientro improvviso dei proprietari o dall’attivazione degli allarmi sonori. In un episodio a Crema, durante un controllo, gli indagati avrebbero forzato un posto di blocco, mettendo a rischio militari e passanti.
La voce degli inquirenti – «Dalle abitazioni rubavano di tutto: principalmente contanti, gioielli, capi di abbigliamento firmati, in alcuni casi anche armi detenute regolarmente. Non disdegnavano addirittura di rubare i salvadanai dei bambini», dichiara Claudio de Leporini, comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Pordenone. IN ALTO IL VIDEO

