Abiti rumeni spacciati per “made in Italy”: smantellato giro da milioni, cinque denunciati

di Redazione

Etichette tricolori cucite su capi prodotti all’estero, pronti a invadere il mercato come autentici “made in Italy”: i finanzieri del comando provinciale di Gorizia hanno ricostruito e bloccato una filiera illecita che produceva in Romania abiti femminili poi commercializzati nel nostro Paese come prodotti italiani, individuando i responsabili e sequestrando migliaia di capi.

Il controllo alla frontiera – L’indagine si è accesa durante un posto di controllo a ridosso della fascia confinaria lungo la cosiddetta Rotta balcanica: un autocarro con targa rumena trasportava 1.600 capi da donna con etichetta “made in Italy”, risultati in realtà fabbricati in Romania.

La filiera ricostruita – Sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Gorizia, il Gruppo Gorizia delle Fiamme gialle ha ricostruito il circuito produttivo: una fabbrica in Romania, con oltre 100 dipendenti, realizzava gli abiti destinati al mercato italiano, dove due aziende con sede in Lombardia li immettevano presentandoli come italiani.

Perquisizioni e sequestri – Le perquisizioni nelle due imprese italiane e presso i principali clienti in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto hanno portato al sequestro di ulteriori 1.900 capi con falsa indicazione d’origine, riportanti diciture come “made in Italy” o “100% made in Italy”.

La rete commerciale – Attraverso l’analisi della documentazione, anche informatica, acquisita durante le perquisizioni e le interrogazioni delle banche dati in uso al Corpo, è stata ricostruita la filiera di approvvigionamento e vendita dei capi, dal sito produttivo estero fino ai canali di distribuzione italiani.

Le contestazioni – L’indagine si è conclusa con la denuncia alla Procura di Gorizia di cinque soggetti ritenuti responsabili della frode e con lo smantellamento dell’organizzazione che sosteneva il traffico.

I numeri – Tra il controllo su strada (1.600 capi) e le perquisizioni (1.900 capi), sono stati sequestrati complessivamente 3.500 indumenti. Secondo gli accertamenti, la macchina del falso avrebbe potuto immettere nei circuiti commerciali italiani ed europei quasi 3 milioni di capi negli ultimi cinque anni. IN ALTO IL VIDEO

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