Mondragone, gli uomini parlando di donne e di amore: appuntamento al caffè “Liberamente”

di Redazione

Mondragone (Caserta) – Nel dibattito sulla violenza di genere, a parlare saranno gli uomini. Martedì 25 novembre, alle ore 19.30, nello spazio del caffè letterario “Liberamente”, in viale Kennedy, a Mondragone, si terrà l’incontro “Di cosa parlano gli uomini quando parlano di donne e di amore?”. Un appuntamento che vuole dare voce anche alla parte maschile della società, chiamata a interrogarsi e a riconoscere le proprie responsabilità dentro un fenomeno strutturale e non episodico. L’iniziativa è promossa dal biologo Enzo Salzano, in collaborazione con il giornalista e comunicatore Salvatore Di Rienzo.

Una voce maschile, non per giustificare ma per assumersi responsabilità – «All’approssimarsi del 25 novembre 2025, la Giornata Mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’assemblea generale delle Nazioni Unite circa mezzo secolo fa, il 17 dicembre 1999, ho previsto la giusta forte, fortissima voce delle donne, come avviene da anni. E spezza il cuore celebrarle in mezzo al sangue», afferma il promotore Salzano. I numeri, ricordati durante la presentazione dell’incontro, delineano l’urgenza del tema: «Dai dati statistici che emergono: 113 omicidi di donne nel 2024, 99 sono avvenuti in ambito familiare o affettivo: di questi 61 per mano di partner o ex partner. Per il 2025, ad oggi, si registrano (aggiornamento all’8 novembre 2025 dell’Osservatorio Nazionale “Non una di meno”, ma anche da altre fonti, Istat), 89 femminicidi dei quali 76 femminicidi con 6 casi in fase di accertamento. Un dato che colpisce è che ad aumentare sono gli omicidi commessi da partner o ex partner. Cosa che non avviene quando si tratta di uomini assassinati. È violenza palesemente di genere». Una violenza che, secondo Salzano, non può essere interpretata come un’anomalia isolata: «Si stimano, per difetto, circa 1041 femminicidi nel periodo 2015-2025, interessando tutte le regioni con il triste primato della Lombardia e Campania. La violenza degli uomini (molti anche di giovane età), ormai ne siamo consapevoli, non si può liquidare come patologia di pochi marginali, né come il segno di culture lontane da noi: nasce nella nostra normalità. Enfatizzare l’emergenza nasconde il fatto che si tratta di un gravissimo e persistente fenomeno strutturale e diffuso. Condannare la violenza senza riconoscere la cultura che la produce e la giustifica, è un gesto vuoto».

Patriarcato e modelli culturali: la radice del problema – Nella sua riflessione, Salzano individua nella cultura patriarcale e nei modelli di mascolinità distorta il terreno fertile della violenza: «Sappiamo che le motivazioni dei femminicidi derivano da un insieme di fattori culturali, psicologici e sociali. Tra questi spiccano la cultura patriarcale e le norme di mascolinità tossica che promuovono il controllo e la supremazia maschile, le insicurezze personali e i disturbi di personalità dell’assassino, e le dinamiche di potere sbilanciate all’interno delle relazioni. È chiaro a tutti che la violenza maschile contro le donne chiama in causa gli uomini, mette in discussione la nostra cultura, le nostre aspettative, le nostre frustrazioni, il nostro modo di stare al mondo e nelle relazioni». Da qui l’invito a innescare un processo educativo e culturale attraverso la partecipazione maschile: «La cui piena autonomia e parità in tutte le sue declinazioni, arricchisce e rende più degna di essere vissuta, anche la vita degli uomini. Più di un piacere è stato un dovere organizzare questo evento perché gli uomini devono interrogarsi su ciò di cui sono responsabili, per provare a darci un tempo di ascolto e dialogo».

Educazione nelle scuole e memoria giuridica: un percorso ancora incompiuto – Salzano richiama anche la lentezza con cui l’Italia ha smantellato le basi giuridiche del patriarcato: «Il patriarcato in Italia, sebbene le sue basi legali siano state superate dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha eliminato la figura del “capo”, introducendo la parità legale tra coniugi e la comunione dei beni, persiste come sistema culturale e sociale che ancora attribuisce agli uomini un ruolo di predominio (professionale, di carriera, economico, ecc.). L’Italia solo nel 1981 ha abolito il matrimonio riparatore, che permetteva all’aggressore di evitare la pena per un reato di violenza sessuale sposando la vittima e, sempre nel 1981 con la legge n. 442 venne abrogato l’articolo 587 del Codice Penale; il delitto d’onore, che prevedeva attenuanti per l’uccisione della moglie, della figlia o della sorella, se avvenuta per presunto “onore”. Vorrei anche ricordare che con la legge n. 66 del 1996 la violenza sessuale non è più un crimine contro la morale ma contro la persona. Quasi ieri l’altro». Per questo motivo, secondo il promotore, la sfida è educativa e riguarda soprattutto le nuove generazioni: «È necessario introdurre sin dall’infanzia l’educazione sulla sessualità e affettività per affrontare argomenti come il corpo, le emozioni, le relazioni e il consenso, inclusività, rispetto di generi, come istituiti in 20 Paesi europei. L’Italia è tra i 7 nei quali questa educazione nelle scuole è ancora assente. In Svezia è introdotta dal 1955!».

Le tre P della Convenzione di Istanbul – Salzano conclude ricordando il quadro europeo: «La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, è un accordo internazionale a cui l’Unione Europea aderì nel 2013 e fu ratificata dall’Italia nel 2014, ha al centro della sua ragion d’essere le tre P: Prevenzione, Protezione, Punizione. In Europa secondo Eurostat si stima che il 18% delle donne abbia subito violenza fisica o minacce o violenza sessuale da parte di un partner intimo nel corso della propria vita come emerge dall’indagine sulla violenza di genere 2024 dell’UE. Circa il 32% delle donne ha subito violenza psicologica».

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