Juve Stabia in amministrazione giudiziaria: “Servizi nelle mani dei clan”. Indagine tra ticket, steward e settore giovanile

di Redazione

Ticket, steward, trasferte: per gli inquirenti un intero ecosistema attorno alla Juve Stabia sarebbe finito sotto il controllo della camorra. Il tribunale di Napoli ha disposto l’amministrazione giudiziaria della società che milita in Serie B per presunte infiltrazioni mafiose, provvedimento richiesto dalla Procura di Napoli insieme al procuratore nazionale antimafia e al questore del capoluogo.

Il provvedimento – Il decreto riguarda anche altre società che gestiscono servizi collegati alle manifestazioni sportive. La gestione del club passa a un pool di professionisti nominato ad hoc. In conferenza stampa, gli inquirenti hanno sintetizzato così la portata del quadro: «Un intero comparto dei servizi legati alla Juve Stabia era nelle mani della camorra stabiese. È un intero settore – dai ticket agli steward – che andrà ripensato: oggi la Juve Stabia è in amministrazione giudiziaria».

Le indagini e i clan – Secondo quanto illustrato, la Juve Stabia sarebbe stata ritenuta “bene strumentale” del clan D’Alessandro, con condizionamenti anche da parte del clan Imparato e legami emersi con il clan Cesarano. I riflettori si sono concentrati su sicurezza, ticketing, bouvetteria, pulizie, servizi sanitari e, fino al 2024, trasporto della prima squadra, «configurandosi di conseguenza un oggettivo sistema di condizionamento mafioso dell’attività economica della società». L’ombra dei clan sarebbe arrivata fin dentro la cosiddetta “cantera”, il settore giovanile, indicato dal questore come strumento «per acquisire consenso tra i minori per formarli a elementi di disvalore».

La regia investigativa – «Una inchiesta che nasce da una idea della Dna, abbiamo capito che c’era ombra della camorra», ha spiegato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri alla presenza del procuratore nazionale Gianni Melillo e del pm nazionale Antonello Ardituro. Hanno lavorato al fascicolo il procuratore aggiunto Sergio Ferrigno e il pm Giuseppe Cimmarotta. «È la conferma di quello che diciamo: le mafie sono presenti dove c’è potere e soldi e si fanno pubblicità anche con le squadre di calcio. Per decenni, per il clan D’Alessandro è stata una grande vetrina, nel silenzio assordante delle altre istituzioni».

Il precedente e lo “scalpore” in B – Come ricordato da Giovanni Melillo, si tratta del terzo caso in Italia dopo Foggia Calcio e Crotone Calcio. La differenza, sottolinea Gratteri, è che «questa volta la mafia è arrivata fino alla Serie B», elemento che «fa scalpore».

La linea istituzionale – «Un quadro generale preoccupante, un caso scuola», ha osservato Melillo. Sul versante amministrativo, il prefetto di Napoli Michele di Bari ha parlato di un provvedimento «che segnerà uno spartiacque della gestione di questa società», anticipando che in prefettura è già al lavoro un gruppo interforze «per eventuali provvedimenti»: «I magistrati hanno individuato una serie di defaillance e adesso bisogna accompagnare questa società in un percorso di legalità». Tra le ipotesi allo studio, ha aggiunto Di Bari, anche la richiesta alla Federcalcio di rinviare alcune gare per consentire la riorganizzazione dei servizi ritenuti contaminati.

Gli elementi raccolti – Dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia ai colloqui in carcere di detenuti al 41-bis, le acquisizioni hanno delineato un perimetro in cui «gli spostamenti della squadra, la sicurezza, il beveraggio, la gestione dei biglietti» sarebbero stati condizionati dai clan. Elementi di pressione sarebbero emersi perfino nella scelta dei responsabili del settore tecnico giovanile, con figure già colpite da provvedimenti della giustizia sportiva e «radicate e consolidate relazioni con clan».

Gli effetti sportivi – Per il Crotone, il tribunale di Catanzaro ha già confermato l’amministrazione giudiziaria respingendo le difese: misura annuale che proseguirà fino a scadenza. Nel caso Juve Stabia, l’eventuale ricalendarizzazione di alcune partite è una possibilità evocata per mettere in sicurezza i servizi e “bonificare” la filiera.

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