Tre empori “apri e chiudi”, flussi di denaro dirottati in Asia e bilanci gonfiati con fatture fantasma: così è stato smontato un sistema di frode fiscale che, secondo gli inquirenti, faceva viaggiare milioni fuori dall’Italia sotto il marchio dell’operazione “Orient Express”, indagine della Compagnia della Guardia di Finanza di Faenza, coordinata dalla Procura della Repubblica di Ravenna.
L’indagine – Sono stati deferiti all’Autorità giudiziaria 11 persone fisiche e 4 enti giuridici. Gli approfondimenti sono nati dagli esiti di una verifica fiscale e hanno acceso i riflettori su un imprenditore cinese residente nel Faentino indicato come “amministratore di fatto” di tre empori di una nota catena commerciale cinese. Le società risultavano intestate a connazionali prestanome. In regia, anche il supporto di un consulente fiscale attivo nella provincia di Rovigo.
Il metodo “apri e chiudi” – Secondo gli accertamenti, le attività commerciali venivano ciclicamente fatte cessare dopo aver maturato debiti con l’Erario e rimpiazzate da nuove società formalmente vergini, pronte a proseguire la stessa impresa senza onorare i debiti fiscali. In parallelo, ingenti flussi finanziari venivano dirottati verso la Cina.
Le cartiere e i 7 milioni fittizi – È emersa inoltre una rete di società “cartiere”, cioè imprese inesistenti riconducibili a soggetti cinesi con sedi legali tra Milano, Monza-Brianza, Roma e Napoli. Attraverso questo circuito, l’imprenditore avrebbe documentato operazioni fittizie per circa 7 milioni di euro, gonfiando i costi e facendo partire bonifici che disperdevano le disponibilità destinate al pagamento delle imposte. Da qui, oltre alle ipotesi di frode fiscale, anche la contestazione per riciclaggio.
Sequestri e misure – Per interrompere il meccanismo illecito, la Procura ha disposto un decreto di sequestro preventivo d’urgenza poi convalidato dal giudice per le indagini preliminari: nel mirino conti correnti (ritenuti prossimi allo svuotamento), beni di lusso come orologi Rolex, vetture di pregio e ingenti contanti, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Sottoposte ad amministrazione giudiziaria anche le società con basi a Faenza, Cervignano del Friuli e Occhiobello, con vista sulla successiva liquidazione dell’intero compendio ai fini della confisca. IN ALTO IL VIDEO