Strage di Castel Volturno, speciale Casertasera.it: la caccia a Setola raccontata da Sirignano e Airoldi

di Antonio Taglialatela

18 settembre 2008. A Castel Volturno sei immigrati africani trucidati dal “gruppo di fuoco” del clan dei Casalesi. Quella notte accese una caccia senza tregua a Giuseppe Setola, il superlatitante indicato come mente e braccio di quella stagione di sangue. Uno speciale di Casertasera.it, condotto dal direttore Lorenzo Applauso, ha riportato in studio chi quell’indagine l’ha guidata e chi quell’uomo l’ha arrestato: il sostituto procuratore Cesare Sirignano e il colonnello dei Carabinieri Costantino Airoldi.

Gli ospiti e il contesto – Sirignano, già sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, all’epoca seguì il fascicolo sulla strage. Airoldi, allora capitano e comandante del nucleo investigativo di Caserta, coordinò sul campo le squadre che chiusero la rete attorno al gruppo di fuoco e, mesi dopo, allo stesso Setola. Il racconto intreccia dossier, pedinamenti, paure e una collaborazione stretta tra magistratura e forze di polizia.

L’obiettivo della strage – Per Sirignano, l’azione fu insieme messaggio e regolamento di conti: “Era necessario far capire che da quel momento in poi c’era un unico capo e tutti dovevano piegarsi alle sue volontà”. La strage, spiegano, mirava a riaffermare il controllo del litorale domizio nel pieno di tensioni interne alla fazione dei Casalesi legata alla famiglia Bidognetti, pur colpendo persone estranee alle dinamiche criminali per terrorizzare una comunità intera.

L’emergenza e la risposta dello Stato – In quelle settimane il ministro dell’Interno Roberto Maroni dichiarò lo stato d’emergenza per le province di Caserta e Napoli. Airoldi sottolinea la differenza rispetto alle “faide” tradizionali: “Gli obiettivi del gruppo Setola erano imprenditori onesti che avevano denunciato o persone del tutto innocenti. Questo generò un allarme sociale elevatissimo”. L’Esercito presidiò le strade; polizia e carabinieri concentrarono uomini e mezzi sull’investigazione.

Le prove e i primi arresti – Il quadro indiziario si consolidò con le dichiarazioni di un componente del commando e con la comparazione balistica tra le armi sequestrate e i bossoli dei vari agguati. Il 30 settembre 2008 scattarono i blitz in due villette di via Grotta del sole, al confine tra Caserta e Napoli: in poche ore finirono in manette Oreste Spagnuolo, Alessandro Cirillo e Giovanni Letizia. Nel covo vennero recuperate pistole, fucili, lampeggianti e pettorine, tasselli chiave per ricondurre la catena di omicidi al gruppo.

La cattura di Setola – Sfuggito due giorni prima attraverso un cunicolo fognario tra Aversa e Trentola Ducenta, Setola venne individuato e bloccato il 14 gennaio 2009 in una casa dismessa a Mignano Montelungo. “Tentò la fuga dal tetto, ma lo arrestammo”, ricorda Airoldi. L’operazione chiuse il cerchio su mesi segnati da diciotto omicidi e da una pressione costante su investigatori e magistrati.

Omertà, coesione e il “modello Caserta” – L’ostacolo più duro fu il silenzio di un territorio impaurito. Con il tempo, però, imprenditori e cittadini cominciarono a orientare le forze dell’ordine, a suggerire piste. “Solo un gruppo coeso può arrivare a risultati così tangibili”, osserva Sirignano, riferendosi alla sinergia operativa tra uffici requirenti e reparti sul campo, poi indicata come “modello Caserta”.

L’eredità di quella stagione – Gli arresti del gruppo Setola aprirono la strada a catture e collaborazioni che indebolirono il caln. Da allora gli omicidi nel Casertano si sono drasticamente ridotti, mentre è cresciuto lo spaccio di droga, fenomeno che attira fasce sempre più giovani. “Il segnale dello Stato è arrivato”, avverte Sirignano, “ma lo sviluppo e il risanamento restano la vera sfida”. IN ALTO IL VIDEO 

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