Frode Iva sui carburanti nel Casertano, 32 condanne e confisca da 14 milioni: crolla accusa di camorra

di Redazione

Si è chiuso davanti al tribunale di Lagonegro il processo nato dall’inchiesta del 2021 ribattezzata La febbre dell’oro nero, che ha scoperchiato un vasto sistema di traffici illeciti di carburante tra Campania, Basilicata e area tarantina. I giudici hanno emesso 32 condanne su 49 imputati, per complessivi 90 anni di reclusione, ordinando contestualmente la confisca di beni e patrimoni per oltre 14 milioni di euro. Una ventina i coinvolti del Casertano, ma il procedimento ha toccato anche il Salernitano, la Basilicata e la Puglia.

Le accuse e la caduta del vincolo mafioso – Al centro dell’indagine l’ipotesi di frodi sull’Iva applicata ai prodotti petroliferi, con reati che spaziano dall’associazione per delinquere al riciclaggio, fino all’illecita commercializzazione di carburanti. È caduta invece l’accusa di camorra, inizialmente contestata ai principali imputati. Tra questi Raffaele Diana, di San Cipriano d’Aversa, ritenuto vicino alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi: per lui e per i figli la contestazione mafiosa è stata esclusa, ma le condanne restano pesanti.

Le pene più severe – Le condanne più alte hanno riguardato Raffaele Diana (10 anni, con parziali assoluzioni), i figli Giuseppe (9 anni) e Vincenzo (5 anni più multa di 20mila euro), e il salernitano Massimo Petrullo, originario di Polla, condannato a 9 anni e a una sanzione pecuniaria di 30mila euro. Per loro è stata disposta anche l’interdizione dai pubblici uffici e la confisca di depositi, impianti e flotte di veicoli legati all’attività illecita.

Le altre condanne – Più contenute le pene comminate agli altri imputati: Luigi Papale, di Santa Maria Capua Vetere, ha ricevuto 2 anni (pena sospesa) con assoluzioni su diversi capi, difeso dall’avvocato Guglielmo Ventrone; stessa pena per Antonio De Martino di Mondragone, Francesco e Giovanni Friozzi di Pastorano, Salvatore Di Puorto e Antimo Menale di Trentola Ducenta. A Fulvio e Salvatore Leonardo, entrambi di Pietramelara, è stata inflitta la condanna a 1 anno; a Antonio Gallo, di San Marco Evangelista, 1 anno e 3 mesi.

Assoluzioni e prescrizioni – In totale sono 16 le assoluzioni pronunciate, tra cui quelle di Tommaso Di Rosa, del gruppo petrolifero Gaffoil di Santa Maria Capua Vetere (per lui l’accusa aveva chiesto 4 anni), Antonio Lamarca, Felice Balsamo, Luigi D’Elia, Mariateresa Moschese, Nicola Venosa, Oreste Mainenti, Fabio Grieco, Elena Quaranta, Carmine Parisi, Rosario Parisi, Domenico Parisi, Carmine De Angelis, Antonio Iannotti, Fabio Tannotti, Maria Teresa e Giovanna Sabia, residenti tra Salerno, Avellino, Basilicata e Puglia. Sette imputati sono stati assolti con formula piena, mentre per altri è arrivata la dichiarazione di prescrizione su reati minori.

Il bilancio del processo – La sentenza ha smontato l’impianto accusatorio sulla matrice mafiosa ma ha riconosciuto la gravità delle condotte fraudolente, che hanno prodotto un allarme sociale e un danno economico rilevante. La maxi-confisca patrimoniale segna il colpo più pesante per le aziende coinvolte, mentre il dispositivo esclude la recidiva per diversi imputati, ridimensionando il profilo criminale di parte degli indagati ma lasciando in piedi l’impianto sulle frodi fiscali.

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