Omicidio Vassallo, il colonnello Cagnazzo rompe il silenzio: “Mai tradito il giuramento alla Repubblica”

di Redazione

A pochi mesi dalla scarcerazione, Fabio Cagnazzo sceglie di parlare pubblicamente. In un lungo post pubblicato su Facebook, il colonnello dei carabinieri coinvolto nell’inchiesta sul delitto del “sindaco pescatore” Angelo Vassallo, ucciso il 5 settembre 2010 ad Acciaroli, ribadisce la propria innocenza: «Desidero ribadire ancora una volta, e questa volta lo faccio personalmente e non tramite i miei avvocati – con la serenità e la determinazione che mi accompagnano da sempre – la mia totale estraneità ai fatti contestati».

L’ufficiale era finito in carcere a fine 2023 su richiesta della Procura di Salerno, che ora ha chiesto il rinvio a giudizio per lui e altri indagati. A maggio, tuttavia, il Tribunale del Riesame ne ha disposto la scarcerazione. «Volevo ringraziare di vero cuore tutte le persone… gli amici preziosi di sempre, i colleghi, i miei collaboratori di una vita e anche i semplici conoscenti che in questo periodo della mia vita mi sono stati particolarmente vicini e che hanno voluto esprimere la loro solidarietà», scrive ancora Cagnazzo, che poi fa riferimento alle nuove motivazioni del Riesame.

«La Suprema Corte di Cassazione, nell’annullare la precedente ordinanza dello stesso Tribunale relativa alle esigenze cautelari, aveva evidenziato anche le gravi carenze in tema di gravità indiziaria. Carenze che non possono essere ignorate. Proprio per questo motivo, ricorreremo di nuovo in Cassazione!». «In oltre trent’anni di servizio – aggiunge – non ho mai tradito il giuramento di fedeltà prestato alla Repubblica Italiana e alla brava gente di cui sono ancora servitore, purtroppo ferito, ma ancora convinto!».

Il colonnello ripercorre anche il lungo iter giudiziario che lo ha coinvolto, sostenendo di essere da quindici anni dentro una vicenda che non gli appartiene: «Per ben tre volte è stata oggetto di archiviazione da parte della magistratura. La verità emerge – ed emergerà – nelle oltre 80mila pagine di atti che compongono il fascicolo processuale e che, ahimè, non tutti (anzi, quasi nessuno) hanno letto». «Comunque – conclude – continuo ad avere fiducia nella Giustizia. Il rancore non mi appartiene!».

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