È morto Alvaro Vitali, attore simbolo della commedia sexy all’italiana, volto iconico di un’epoca cinematografica scanzonata e popolare. Aveva 75 anni. Ricoverato recentemente per una broncopolmonite recidiva, si è spento lasciando dietro di sé una scia di risate, film cult e un personaggio, quello di Pierino, che lo ha reso immortale nell’immaginario collettivo degli italiani.
L’addio dopo una vita tra cinema e dolori privati – Negli ultimi tempi, Vitali aveva confessato di attraversare un momento di grande sofferenza a causa della fine del suo matrimonio con Stefania Corona, sua moglie per 27 anni. La donna, oggi ospite a La volta buona, ha risposto pubblicamente alla lettera che l’attore le aveva scritto per chiederle di ricominciare: “Proviamo a tornare insieme. Io ti devo molto e sono pronto a passare sopra al tuo errore di percorso. Non buttiamo via tutto. Tu sei stato la mia roccia… Te la senti di dare al nostro amore una seconda possibilità?”. Ma la risposta, secca, è stata: “No, grazie”.
L’icona Pierino e la risata dell’Italia anni ’70 – Il successo travolgente arrivò con Pierino contro tutti (1981), seguito da Pierino colpisce ancora (1982) e Pierino medico della S.A.U.B. (1981), pellicole che sbancarono i botteghini e cementarono il suo status di star. Il personaggio di Pierino – malizioso, irriverente, infantile – divenne il simbolo di una comicità che parlava direttamente al popolo, con gag semplici, battute a doppio senso e quella risata inconfondibile.
Con la sua statura minuta (1,56 metri), Vitali riusciva a dominare la scena grazie a un’espressività straordinaria, una mimica spinta e una capacità comica fuori dal comune. Affiancò grandi nomi come Lino Banfi, Edwige Fenech, Renzo Montagnani, Gloria Guida e Nadia Cassini, incarnando per anni lo spirito boccaccesco di un’Italia che rideva anche delle proprie contraddizioni.
La commedia sexy e l’Italia in trasformazione – A cavallo tra gli anni ’70 e ’80, Vitali fu il volto di una cinematografia leggera ma di grande impatto culturale. I film come La dottoressa del distretto militare (1976), L’insegnante va in collegio (1978), La liceale seduce i professori (1979) e La poliziotta della squadra del buon costume (1979) non solo lanciarono icone femminili, ma raccontarono un’Italia che si apriva al desiderio, alla trasgressione, alla satira sociale.
In mezzo a quelle pellicole dalla comicità spinta, l’attore romano costruì un personaggio popolare e amatissimo, che si ripropose in film come Gian Burrasca, Giggi il bullo, Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, sempre con lo stesso tratto distintivo: un’ironia sfrontata e immediata, capace di catturare generazioni di spettatori.
Dagli esordi con Fellini alle collaborazioni d’autore – La carriera di Vitali iniziò quasi per caso, quando Federico Fellini lo notò e lo volle in piccoli ruoli in I clowns, Roma e Amarcord. Fu il debutto in Fellini Satyricon (1969) – seppur in un cameo non accreditato – ad aprirgli le porte del cinema. Da allora, partecipò a ben 89 film, lavorando anche con registi come Roman Polanski (Che?, 1972), Mario Monicelli (Romanzo popolare) e Dino Risi (Profumo di donna).
Ma il successo più duraturo e sentito lo trovò nel filone popolare, quello che parlava alle masse e faceva ridere l’Italia degli anni del boom e della crisi, della modernizzazione e dei tabù spezzati.
Un’eredità indelebile – Il cinema italiano perde una delle sue maschere più autentiche. Con le sue smorfie, la sua voce stridula, le battute sferzanti e la capacità di far ridere anche solo con uno sguardo, Vitali ha lasciato un segno profondo. Più che un attore comico, è stato un fenomeno culturale: un interprete che ha raccontato, senza pretese intellettuali, le risate di un’Italia che aveva bisogno di leggerezza.