Aversa (Caserta) – Se n’è andato in silenzio, all’alba di oggi, monsignor Pasqualino De Cristofaro, per oltre mezzo secolo rettore del complesso monumentale di San Francesco delle Monache ad Aversa. Aveva 89 anni. Una figura carismatica, umile e instancabile, che ha attraversato generazioni di fedeli lasciando un’impronta profonda nella comunità locale e non solo. Lascia la sorella Francesca, fratelli Raffaele e Luciano e una numerosa famiglia.
Le esequie saranno celebrate lunedì 16 giugno a Trentola Ducenta: dalle ore 15 la salma si muoverà dall’abitazione di via Pietà raggiungendo la chiesa di San Michele Arcangelo per la messa funebre alle ore 16, per poi essere tumulata nel cimitero trentolese.
Nato il 24 marzo 1936, ma solito festeggiare il compleanno il 15 marzo – “giorno in cui aprii davvero gli occhi al mondo” diceva – don Pasqualino fu ordinato sacerdote il 12 luglio 1959. Da quel giorno, per lui e per tanti aversani, quella data è diventata un giorno di festa: l’inizio di un ministero vissuto come una missione, nata da una chiamata avvertita fin da bambino, all’età di 11 anni. Il suo sacerdozio è stato un continuo atto d’amore verso gli altri, un cammino di servizio silenzioso e senza ostentazioni, guidato dalla fede e da una devozione incrollabile alla Vergine Maria. “Gesù, Tu pensa a me che io penso a Te”, ripeteva spesso, in quella frase che riassumeva il senso profondo del suo essere prete: stare bene per poter fare del bene.
Instancabile missionario, ha portato il Vangelo nei luoghi più disparati: Francia, Spagna, Portogallo, Jugoslavia, Polonia, Turchia, Grecia, Repubblica Dominicana, Filippine, Messico, New York. A Lourdes, Fátima, in Terra Santa, fino alla cappella della Medaglia Miracolosa a Parigi. E poi ancora tra i detenuti del carcere di Manila, sempre con la stola sulle spalle e il cuore aperto, pronto a testimoniare la misericordia di Dio dove ce n’era più bisogno.
“Prete da strada”, come lui stesso amava definirsi, rifiutò l’ipotesi di diventare vescovo per continuare a vivere il suo sacerdozio tra la gente, portando la luce di Cristo anche nei luoghi più bui. E anche quando la salute ha iniziato a vacillare – negli ultimi anni era costretto a letto e all’ossigeno per gravi patologie – non ha mai smesso di essere un punto di riferimento spirituale, con quella forza d’animo che continuava ad alimentarsi nella preghiera.
Aveva lasciato da qualche anno gli incarichi in Curia, tra cui quello di direttore della casa di riposo Sagliano e di rappresentante legale nelle controversie di fede, per dedicarsi esclusivamente alla chiesa di San Francesco. Il tempo della “pensione” non è mai arrivato per lui: ha solo ridotto le attività fuori dalle mura del convento, concentrandosi sull’“opera di casa”.
Il suo instancabile impegno è stato anche raccontato in un libro realizzato dai fedeli in occasione dei 60 anni di sacerdozio: una raccolta di testimonianze e aneddoti che ne restituiscono il profilo autentico e generoso. Tra queste, il commosso ricordo del nostro compianto collega Antonio Arduino, scomparso lo scorso anno, al quale don Pasqualino fu vicino in un momento difficile: “Mi fu accanto quando ero ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Bastò chiedere il suo aiuto, e si presentò al mio capezzale portandomi il corpo di Cristo, lì dove mancava un cappellano. La forza della sua Fede commosse anche il mio compagno di stanza, inizialmente ostile alla Chiesa, e lo aiutò a superare la sua sofferenza”.
Il volto buono e discreto di don Pasqualino, la sua capacità di ascolto e il suo sguardo sempre rivolto agli ultimi resteranno impressi nel cuore di quanti lo hanno incontrato. Con lui scompare non solo un sacerdote, ma una guida spirituale, un esempio luminoso di dedizione, fede e amore per l’umanità.