Si è chiuso senza progressi concreti l’incontro a Istanbul tra le delegazioni di Russia e Ucraina, lasciando intatte le tensioni e moltiplicando gli interrogativi sul futuro del conflitto. Come previsto, i leader dei due Paesi, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, non erano presenti. Kiev continua a chiedere un cessate il fuoco immediato e senza condizioni, ma Mosca – secondo gli ucraini – avrebbe avanzato “proposte inaccettabili”.
Il vertice, inizialmente previsto per giovedì 15 maggio, è stato di fatto rinviato di 24 ore dopo una giornata segnata da un duro botta e risposta mediatico tra le parti. Alla fine dell’incontro di oggi, 16 maggio, il capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky, ha confermato il raggiungimento di un accordo per lo scambio di mille prigionieri per parte, ma ha anche fatto sapere che Kiev avrebbe chiesto un confronto diretto tra i due capi di Stato.
Una proposta, quella del faccia a faccia tra Putin e Zelensky, che resta sospesa, come le sorti di un conflitto che continua a mietere vittime. Da Tirana, dove si è tenuto un vertice informale della Comunità Politica Europea, Zelensky ha ribadito: “La nostra priorità resta un cessate il fuoco pieno e incondizionato. Ma la delegazione russa arrivata a Istanbul non ha né l’autorevolezza né la volontà di concordarlo. Il mondo deve reagire, anche con nuove sanzioni”.
Dura la posizione dei leader europei presenti nella capitale albanese. “La posizione russa non è in alcun modo costruttiva”, ha affermato il premier polacco Donald Tusk, affiancato in una dichiarazione congiunta da Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Volodymyr Zelensky. Il presidente francese ha definito “inaccettabile” l’ennesimo no di Mosca a una tregua, sottolineando come la situazione richieda “una risposta chiara e unitaria da parte dell’Europa”.
John Healey, ministro della Difesa britannico, ha invece parlato da Roma, al termine della riunione E5 tra i ministri europei della Difesa: “Stiamo valutando piani di sicurezza navale e aerea per sostenere Kiev. Una Ucraina forte è il deterrente più efficace contro Putin. Se necessario, siamo pronti a inviare truppe, ma non forniremo ulteriori dettagli operativi”. Non usa mezzi termini neanche il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, che ha attaccato duramente il Cremlino: “Putin ha annunciato un negoziato, poi ha mandato a Istanbul una delegazione di secondo livello. Non ha alcuna intenzione di porre fine agli attacchi. Il mondo intero ha visto cosa è accaduto”. A margine del vertice europeo in Albania, anche il premier britannico Keir Starmer ha incalzato: “Non accettiamo che Mosca rinvii il cessate il fuoco alle calende greche. Il popolo ucraino ha già pagato troppo. Ora è Putin a dover pagare il prezzo del rifiuto della pace”.
Mentre l’Europa stringe i ranghi, dagli Stati Uniti arrivano segnali di apertura. A bordo dell’Air Force One, in volo da Abu Dhabi, il presidente americano Donald Trump ha annunciato la sua volontà di incontrare al più presto il collega russo: “Dobbiamo vederci. Io e lui. Forse risolveremo il problema, o forse no, ma almeno lo sapremo. In ogni caso, sarà interessante”. La Casa Bianca ha confermato che il presidente ha avuto un colloquio telefonico con Zelensky, Macron, Starmer, Merz e Tusk per fare il punto sugli sviluppi dei negoziati di Istanbul. Un contatto definito “produttivo” da fonti ucraine, che conferma il ruolo centrale del dialogo transatlantico nella gestione della crisi.
Dal palco della sessione plenaria del summit di Tirana, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto sottolineare il valore simbolico e strategico della resistenza ucraina: “Non c’è nulla di più europeo di un popolo che lotta per la propria libertà. Dall’Ucraina dipende anche la nostra sicurezza”.
Intanto, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha aperto alla possibilità di un summit bilaterale, pur precisando che “prima di qualsiasi incontro, servono una preparazione adeguata e le condizioni politiche giuste”.
Il quadro che emerge, al termine di questa intensa giornata diplomatica, è quello di una guerra che continua a infiammarsi sul terreno mentre sui tavoli negoziali prevalgono ancora le distanze. Le cancellerie occidentali rilanciano appelli alla coesione e alla fermezza, mentre si attende di capire se il tanto evocato incontro tra Trump e Putin potrà davvero diventare un punto di svolta, o semplicemente l’ennesimo capitolo di una crisi ancora lontana dalla parola fine.