La Cappella Sistina ha chiuso le sue porte alle ore 17.30 con il rituale e solenne “extra omnes”, dando ufficialmente inizio al Conclave che eleggerà il 267esimo Papa della Chiesa cattolica. Da quel momento, solo i 133 cardinali elettori, il maestro delle cerimonie liturgiche pontificie monsignor Diego Ravelli e il predicatore della meditazione iniziale, cardinale Raniero Cantalamessa, sono rimasti all’interno.
Una volta conclusa la riflessione spirituale di Cantalamessa, anche lui e monsignor Ravelli hanno lasciato la cappella, dando spazio alle operazioni di voto. Prima di procedere con le schede, i porporati hanno pronunciato singolarmente il giuramento, toccando il Vangelo come previsto dalla Costituzione apostolica.
La prima fumata, attesa per le ore 19, darà il segnale se sarà stato già raggiunto o meno l’accordo. Ma le probabilità che ciò accada alla prima votazione sono basse, nonostante un nome emerga già con forza fra i favoriti: cardinale Pietro Parolin. Secondo indiscrezioni, l’ex Segretario di Stato vaticano godrebbe di un bacino teorico di almeno cinquanta consensi, ancora lontani però dai 89 necessari per raggiungere il quorum dei due terzi.
A sottolineare la sua centralità nella corsa al Soglio di Pietro è stato anche un momento informale ma eloquente durante la messa Pro eligendo Romano Pontifice, celebrata nella basilica di San Pietro. Il cardinale decano Giovanni Battista Re, nell’omelia, ha ricordato come “il mondo attende molto dalla Chiesa per la salvaguardia di quei valori fondamentali, umani e spirituali”. Ma è stato nel corso dello scambio della pace che è arrivato un segnale ancora più diretto: abbracci affettuosi e un “auguri… e doppi” rivolto proprio a Parolin, con sorrisi e complicità che non sono passati inosservati.