Un’ingegnosa macchina della frode, ben oliata e capace di trasformare fittizi residenti in cittadini italiani, è stata smantellata, all’alba di oggi, dalla Polizia Metropolitana di Napoli. A coordinare l’operazione è stato il Gruppo Tecnico Operativo Indagini, che ha eseguito otto misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Napoli Nord, su richiesta della locale Procura della Repubblica guidata dal procuratore facente funzioni Anna Maria Lucchetta.
Nel mirino della magistratura sono finiti dipendenti pubblici, agenti della Polizia Municipale e privati cittadini, tutti accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, falso in atto pubblico e corruzione. Al vertice dell’organizzazione vi sarebbe il titolare di una società di intermediazione, destinatario della misura più grave: la custodia cautelare in carcere. Secondo gli inquirenti, era lui a canalizzare le richieste per ottenere, in maniera truffaldina, residenze e cittadinanze italiane per cittadini stranieri, prevalentemente brasiliani.
A supportarlo, un gruppo di complici ben radicati all’interno delle istituzioni: quattro funzionari degli uffici Anagrafe e Stato Civile dei comuni confinanti di Orta di Atella (Caserta) e Frattaminore (Napoli), insieme ad agenti della Polizia Municipale del primo ente, sono stati posti agli arresti domiciliari. Stessa misura per altri tre soggetti che, secondo le ricostruzioni, avrebbero messo a disposizione immobili fittizi per iscrizioni anagrafiche false e prodotto falsi timbri statali, passaporti contraffatti e documentazioni genealogiche inventate per dimostrare ascendenze italiane inesistenti. Ad Orta sono stati arrestati e sottoposti ai domiciliari Lina Del Prete, coordinatrice dell’Ufficio Anagrafe del comune di Orta di Atella, e gli agenti della Municipale Giulio Mozzillo e Salvatore Aletta.
L’indagine ha preso le mosse da un procedimento analogo che ha interessato, nei mesi scorsi, il Comune di Villaricca. Un’inchiesta sfociata in una sentenza di condanna emessa lo scorso 31 gennaio dal gip di Napoli Nord, e che ha aperto uno squarcio su un fenomeno ben più esteso. Attraverso intercettazioni, pedinamenti e l’analisi di migliaia di documenti informatici, gli investigatori hanno ricostruito il modus operandi dell’associazione: una filiera del falso, che partiva dalla richiesta formale di residenza e culminava con l’ottenimento della cittadinanza italiana jure sanguinis, aggirando completamente le procedure previste dalla legge.
Gli immobili, sempre gli stessi, fungevano da base per le finte iscrizioni anagrafiche. Le “presenze” venivano certificate con atti falsi, redatti grazie alla complicità di funzionari pubblici corrotti che, in cambio di denaro o regali di valore, attestavano situazioni inesistenti. Il tutto confezionato con una documentazione completa, pronta all’uso, che comprendeva anche la falsificazione di atti relativi agli antenati italiani dei richiedenti.
Un meccanismo tanto collaudato quanto redditizio: per ogni pratica, i mediatori incassavano tra gli 8mila e i 45mila euro, con un importo medio stimato di 22mila euro. Tenuto conto del volume delle pratiche gestite, il giro d’affari è stato quantificato in diversi milioni di euro. La “contabilità di cassa”, accuratamente tenuta su supporti informatici, riportava con precisione le somme corrisposte anche ai singoli dipendenti pubblici coinvolti, con tanto di riferimenti alle pratiche “trattate”.
Il quadro emerso è quello di un sistema criminale integrato, in cui la collaborazione tra privati e pubblici ufficiali ha permesso, per anni, il rilascio illegale di carte d’identità e cittadinanze. Documenti che, in molti casi, hanno permesso ai beneficiari di varcare indisturbati le frontiere europee. Le indagini proseguono per chiarire ulteriori responsabilità e verificare l’eventuale coinvolgimento di altri soggetti nei Comuni interessati.