Giulia Tramontano, l’altra donna in lacrime: “Volevo aiutarla”

di Redazione

Terza udienza del processo per l’omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne originaria di Sant’Antimo (Napoli), incinta al settimo mese, uccisa con 37 coltellate dal fidanzato Alessandro Impagnatiello il 27 maggio dello scorso anno a Senago, nel Milanese. – continua sotto –

A testimoniare anche la ragazza di 23 anni con cui l’uomo ha avuto una relazione parallela. “Non sapendo come gestire la situazione volevo aiutare Giulia, darle qualcosa di concreto e farle capire cosa stava succedendo. Volevo salvarla da una persona che non era onesta”, ha affermato in lacrime la giovane italo-inglese, parlando più volte degli “inganni” di Impagnatiello.

“Fin dall’inizio ha detto che non era il padre del bambino e che aveva fatto il test del Dna. Gli avevo chiesto di farmelo vedere per confermare se diceva la verità. Quando ho visto il test, ci ho creduto”, ha raccontato la ragazza sentita come testimone in aula nel processo a carico dell’ex barman. “Lui aveva detto che lei era da sola e non stava bene, che aveva provato a farsi del male e perciò lui era preoccupato”, ha aggiunto la 23enne davanti alla Corte d’Assise di Milano, arrivando poi a raccontare di come ha scoperto che il test era falso. “Quando sono andata in viaggio a maggio, lui mi ha prestato il suo tablet e lì ho trovato il file del test del Dna. Ho visto la cronologia delle sue ricerche e ho trovato le immagini per creare il documento. Ho visto anche nelle mail il file Excel per fare il documento”.

Da lì la decisione della ragazza di non dire niente per raccogliere “altre prove” così da non consentirgli di continuare a mentire. “Avendo già mentito la prima volta, non volevo che creasse un’altra storia per coprirsi. Ho aspettato di vedere come agire”. Quando il pm Alessia Menegazzo le ha poi chiesto della gravidanza avuta con Impagnatiello e della successiva decisione di abortire, la ragazza si è commossa e ha avuto bisogno di qualche secondo prima di rispondere. La ragazza è un’ex collega di Impagnatiello ed è una delle ultime persone ad avere visto Giulia il giorno dell’omicidio, il 27 maggio, per un incontro in cui le due si confrontarono sulle loro relazioni con il barman.

“Quando ho chiamato Giulia lei mi ringrazio’, le ho spiegato chi ero e che ero nella stessa sua situazione, lei mi ha ringraziato e mi ha detto che voleva vedermi, mi ha detto che ci dovevamo vedere quello stesso giorno e lui ha scoperto che avevo parlato con lei ed era incazzato, mi ha detto ‘ti metti a chiamare Giulia'”, ha proseguito la 23enne raccontando la telefonata che fece a Giulia Tramontano. Le due poi si incontrarono poche ore prima che la 29enne incinta tornasse a casa e venisse uccisa a coltellate dal barman. “Avevo deciso di dire a Giulia quello che volevo farle sapere, che ne avevo abbastanza delle bugie di lui, ho deciso che lei doveva sapere, lui continuava a negare tutto nonostante le prove che avevo”, ha aggiunto.

“Pur di venire al tuo compleanno, mi ha fatto ricevere i mobili per la cameretta del bambino da sola. C’era una libreria lì, io non riuscivo a spostarli. Mi ha detto che andava a una grigliata. Ma che pezzo di m…”. Così Giulia Tramontano in un messaggio vocale, inviato il giorno in cui è stata uccisa, alla ragazza con cui Alessandro Impagnatiello aveva una relazione parallela. L’audio è stato fatto sentire in aula nel processo a carico dell’ex barman. Il 27 maggio infatti le due ragazze si erano sentite e poi incontrate per confrontarsi sulle rispettive relazioni con l’uomo, dopo che entrambe avevano scoperto tutte le bugie. “Mi sa che io e te siamo rimaste incinte più o meno gli stessi giorni”, diceva l’altra ragazza a Giulia. “Quando ho scoperto che tu eri incinta, lui mi ha giurato che non era il padre”. La ragazza, sentita in aula come testimone, ha scelto di uscire dall’aula quando sono stati trasmessi i messaggi vocali. Al suo rientro, ha ripreso a rispondere alle domande del pm Alessia Menegazzo senza più il paravento a proteggerla.

Prima del 27 maggio, giorno dell’omicidio, “l’ho affrontato e gli ho detto che sapevo tutto e volevo finire la relazione, siamo tra il 20 di maggio e il 27, forse il 24, 25, e lui mi disse che voleva parlarmi della sua situazione e continuava a negare, a dire che non era il padre del bimbo, anche se avevo scoperto che il test del Dna era falso. Diceva che non stava più con Giulia”, ha proseguito la testimone. “‘Se non ci credi che non è figlio mio chiama Giulia’, mi minacciò così. Ma io avevo già deciso di chiamarla e l’ho chiamata”, ha detto ancora la 23enne. “Quando lui ha capito che Giulia stava venendo sotto l’hotel a parlare è uscito prima dal lavoro – ha spiegato -. Noi gli avevamo anche proposto di partecipare al nostro incontro”.

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