Festival di Cannes, trionfa la Francia. Palma d’onore a Marco Bellocchio

di Gaetano Bencivenga

Si è conclusa la 74esima edizione del Festival di Cannes. Un’edizione da ricordare per svariati motivi. Innanzitutto, è stata la prima grande kermesse cinematografica internazionale in presenza post covid organizzata in terra francese dopo aver saltato quella del 2020. – continua sotto – 

Ovviamente, la presenza, soprattutto dei divi americani, si è rivelata massiccia e a prova di distanziamento, che, nella maggior parte dei casi, non è stato, per nulla, assicurato. In secondo luogo, la giuria, capeggiata dal cineasta afroamericano Spike Lee, la cui nomina è stata congelata per un anno, è stata formata, per la prima volta, da una maggioranza di donne, che hanno fatto sentire la propria voce, decisiva, nella scelta del film vincitore della Palma d’Oro. Infatti, il titolo designato ha rappresentato, senza dubbio, l’inattesa sorpresa. “Titane” della transalpina Julia Ducournau (seconda regista ad ottenere tale risultato 28 anni dopo l’australiana Jane Campion) si è, in effetti, rivelato un lungometraggio di pregio ma, altamente, divisivo per pubblico e critica. – continua sotto – 

Il rapporto crudo, trasgressivo, disturbante, potente tra una ragazza sopravvissuta a un incidente stradale, in seguito al quale le viene applicata una placca di titanio nel cervello capace di alterarne la natura aggressiva, e un pompiere, distrutto dalla morte del figlio, si tinge di venature thriller, horror, cyberpunk, che o viene amato oppure odiato, senza mezzi termini. Una scelta di enorme coraggio, che non mancherà di suscitare polemiche, annunciata da Lee in anticipo rispetto agli altri premi, addirittura ad inizio cerimonia. Questa gaffe, per la quale Lee si è scusato più volte, tentando di fornire una ancor più ilare giustificazione, ha fornito, certamente, l’ulteriore, e forse decisivo, motivo per far imprimere, in maniera indelebile, la manifestazione 2021 nella memoria collettiva. – continua sotto – 

Per il resto, il palmares ha segnalato opere tutte, egualmente, candidate alla vittoria finale, secondo le pagelline dei critici, certificando la riuscita di un’edizione qualitativamente medio alta. Gran Premio, ex aequo, all’iraniano “A Hero” di Asghar Farhadi, spaccato lucido e realistico della società iraniana contemporanea lacerata da burocrazia, manipolazione e diffidenza, e al finlandese “Hytti n. 6” di Juho Kuosnanen, riuscita riduzione filmica dell’omonimo romanzo del 2011 di Rosa Liksom. Premio della Giuria, anch’esso ex aequo, al tailandese “Memoria” di Apichatpong Weerasethakul con un’immensa Tilda Swinton, e all’israeliano “Ahed’s Knee” di Nadav Lapid, storia del ritorno in patria di un famoso regista in occasione di una retrospettiva a lui dedicata, che si risolve in uno scontro con la crisi di libertà creativa del proprio paese. – continua sotto – 

Miglior regia al francese Leos Carax per il musical atipico e geniale “Annette”, mentre miglior sceneggiatura al meritevole giapponese “Drive my car” di Hamaguchi Ryusuke. Per l’interpretazione maschile la Palma è andata al giovane statunitense Caleb Laundry Jones per la performance fornita nell’agghiacciante “Nitram” di Jason Kurzel, mentre per quella femminile è stata insignita la norvegese Renate Reinsve, convincente eroina romantica di “The Worst Person in the World” di Joachim Trier. – continua sotto – 

L’Italia, che aveva inserito in selezione ufficiale il solo “Tre piani” di Nanni Moretti uscito completamente a mani vuote, si è consolata per la Palma d’Onore attribuita al nostro maestro della macchina da presa Marco Bellocchio, commosso da una esaltante standing ovation, circondato dai suoi affetti più cari e premiato dall’emozionatissimo collega Paolo Sorrentino.

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