Pesaro, agguato di ‘Ndrangheta: ucciso il fratello di un pentito

di Redazione

La Procura di Pesaro e la Distrettuale distrettuale antimafia di Ancona procedono contro ignoti per omicidio volontario premeditato, con l’aggravante mafiosa, per l’uccisione di Marcello Bruzzese, il 51enne fratello del collaboratore di giustizia Biagio Girolamo Bruzzese, sottoposto a programma di protezione. L’uomo è stato ucciso con almeno 15 colpi di pistola da due persone a volto coperto. La pista privilegiata degli inquirenti è che sia stato un agguato di ‘ndrangheta.

L’agguato è avvenuto poco dopo le 18 del 25 dicembre, quando i due killer incappucciati hanno atteso che Bruzzese parcheggiasse l’auto in garage nella stretta via Bovio, dove abitava con la famiglia da tre anni, per scaricagli addosso una trentina di colpi di arma automatica calibro nove, di cui almeno 15 andati a segno.

Un agguato in puro stile mafioso: gli almeno venti colpi di pistola sparati contro Bruzzese sembrano indicare un movente preciso, il segno di una vendetta che viene dal passato e dalla Piana di Gioia Tauro, da conflitti per il dominio del territorio nei quali era coinvolto Girolamo Biagio Bruzzese, fratello della vittima di Pesaro, uomo di ‘ndrangheta che divenne collaboratore di giustizia dopo aver tentato di uccidere un capocosca. La vittima con tutta probabilità non ha avuto il tempo di rendersi conto di nulla: è stato colpito a morte all’interno della vettura da almeno 15 proiettili calibro 9. Un agguato durato pochi secondi, con i due assassini che si sono dileguati come ombre e a piedi così come erano arrivati.

Era il 2003 e fino ad allora, raccontano le carte dei magistrati della Dda di Reggio Calabria, il gruppo dei Bruzzese era stato un alleato storico delle cosche operanti nella Piana, in particolare di quella dei Crea di Rizziconi. Un’alleanza che fu interrotta bruscamente il 23 ottobre quando Girolamo, latitante da 7 anni dopo una condanna per omicidio, sparò tre colpi di pistola contro il boss Teodoro Crea, anche lui latitante, colpendolo anche alla testa. Credendolo morto, Bruzzese si costituì ai carabinieri e iniziò la sua collaborazione con la giustizia. Teodoro Crea invece sopravvisse e attualmente è ancora detenuto in regime di 41 bis. Pochi mesi dopo, nel febbraio del 2004, fu assassinato il suocero di Girolamo Bruzzese, Giuseppe Femia, e gli investigatori collegarono quel delitto con il tentato omicidio di Crea.

Quella di ‘ndrangheta resta la pista principale sull’agguato di Pesaro: nella notte c’è stato un vertice in tribunale, al quale hanno partecipato il capo della procura pesarese, Cristina Tedeschini, i sostituti procuratori Fabrizio Narbone e Maria Letizia Fucci e Daniele Paci, della Dda di Ancona: un pool di magistrati per andare a fondo su autori, mandanti e movente dell’omicidio. I carabinieri completeranno oggi la raccolta delle testimonianze: un’attività complessa perché il delitto sembra non aver avuto testimoni diretti; l’analisi delle telecamere, poste ai varchi della zona a traffico limitato, potrebbe dare qualche indicazione in piu’ agli inquirenti.

Marcello Bruzzese era già scampato ai sicari: nel luglio del 1995, in provincia di Reggio Calabria, allora 28enne rimase gravemente ferito allo stomaco in un agguato che costò la vita al padre Domenico, braccio destro di Teodoro Crea, il potentissimo boss di Rizziconi, e al marito di una sorella, Antonio Maddaferri. Nel 2008 aveva già vissuto a Pesaro un breve periodo della sua vita lontano dalla Calabria, prima di trasferirsi in Francia. Da tre anni si era nuovamente trasferito nella cittadina marchigiana e viveva sotto protezione con la famiglia, moglie e figli. Un programma soft, visto che a quanto pare non aveva modificato il suo cognome, un particolare che lo rendeva facilmente rintracciabile. Marcello Bruzzese non aveva un lavoro e riceveva uno stipendio dal ministero degli Interni. Una persona gentile e riservata, secondo i vicini di casa, che lo vedevano fare colazione in un bar del centro città o frequentare abitualmente la chiesa. A quanto si è appreso, nel programma di protezione erano stati inseriti sia la sua famiglia che quelle dei suoi parenti più stretti, che nella notte sono state precipitosamente trasferiti in altre città.

Nel pool di magistrati delle due procure, che per il momento operano congiuntamente nel procedimento in via d’urgenza, con indagini affidate ai carabinieri, lavorano il procuratore di Pesaro Cristina Tedeschini, il pm Maria Letizia Fucci al fianco dei pubblici ministeri della Dda di Ancona Daniele Paci e Paolo Gubinelli, in coordinamento con il procuratore distrettuale Monica Garulli. Superata la fase d’urgenza, del fascicolo si occuperà la Distrettuale. “Domani presenterò una interrogazione a Salvini sui fatti di Pesaro. Ciò che è successo è gravissimo”, ha scritto su Twitter la parlamentare Alessia Morani del Partito Democratico.

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