Camorra a Castellammare di Stabia: 14 arresti. Imprenditore nascondeva “pacchi di soldi” in casa

di Redazione

Gli agenti della Squadra mobile di Napoli e del commissariato di Castellammare di Stabia, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno tratto in arresto 14 persone nell’ambito di un’indagine su una serie di estorsioni, con violenza privata, armi ed esplosivi, reati aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa, perpetrati negli anni 2013-2016 ai danni di imprenditori, esercenti commerciali e professionisti operanti nei territori di Castellammare di Stabia, Pompei, Gragnano, Pimonte ed Agerola.

Dalle investigazioni è emersa l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale tra le storiche organizzazioni camorristiche (i clan D’Alessandro e Cesarano operanti, rispettivamente, nella zona collinare ed in quella “dabbasso” di Castellamare, con ramificazioni a Pompei; il clan Di Martino, egemone a Gragnano, e il clan Afeltra operativo a Pimonte e Agerola), sostanzialmente alleate, ciascuna delle quali ha continuato ad imporre costantemente il pizzo nei territori di rispettiva competenza, avvalendosi della propria forza d’intimidazione.

Tra gli arrestati figurano Teresa Martone, vedova del boss Michele D’Alessandro, e alcuni imprenditori, tra cui Adolfo Greco, ritenuto in passato uomo di fiducia di Cutolo e già coinvolto negli anni Ottanta nella vicenda dell’acquisto del Castello di Ottaviano.  Greco aveva nascosti in casa circa 2 milioni di euro all’interno di un’intercapedine ricavata in una parete e scoperta dai poliziotti grazie ad una “termocamera”. Il nascondiglio si apriva azionando un meccanismo all’interno di una scarpiera. Secondo l’accusa, Greco, operante nei settori del turismo e della vendita del latte, avrebbe favorito gli interessi di varie famiglie criminali dell’area stabiese e imposto l’assunzione di un nipote del presunto capoclan di camorra Paolo Carolei.

Gli investigatori hanno sottolineato come il “rispetto” e la “stima” di cui Greco gode in seno ai clan camorristici rivelano che l’imprenditore ha rapporti solo ed esclusivamente con i vertici delle famiglie, o loro fiduciari, i quali, lungi dal “convocarlo” (come solitamente accade alle vittime di estorsione), gli prestavano il dovuto “riguardo” recandosi personalmente presso la sua azienda, la “Cil Srl” di Castellammare di Stabia, previo appuntamento telefonico.

Le indagini hanno anche cristallizzato i legami di Greco con la famiglia Cesarano. In particolare, Greco sarebbe riuscito a contrattare l’entità della somma da elargire facendo ricorso a espliciti riferimenti sulla sua vicinanza al clan e ad “accordi” con i precedenti vertici dello stesso, in particolare interagendo prima con Nicola Esposito, detto “’o Mostro”, e poi con Luigi Di Martino, detto “’o Profeta” e i loro affiliati, quali Giovanni Cesarano, Aniello Falanga e Attilio Di Somma. Inoltre, sono state accertate numerose e diverse attività estorsive poste in essere dai vertici della suindicata consorteria criminosa in danno di imprenditori e commercianti, vessati anche con l’esplosione di ordigni come accaduto in danno di un supermercato, appartenente ad una nota catena commerciale, al fine di piegare la resistenza del titolare.

Le investigazioni hanno, inoltre, evidenziato una serie di attività estorsive poste in essere dal clan Di Martino di Gragnano, in particolare da Liberato Paturzo e Vincenzo Di Vuolo a danno di diversi imprenditori e di amministratori condominiali costretti a scegliere sotto minaccia le imprese contigue al clan per l’esecuzione di alcuni lavori edili. Minacce gravi estese anche a direttori di banca, come, ad esempio, nel caso di Liberato Paturzo, imprenditore edile, peraltro già condannato per associazione mafiosa e indicato quale volto imprenditoriale del clan D’Alessandro, ma contiguo pure ad altre realtà criminali come quella operante a Gragnano. In relazione all’estorsione commessa a danno dell’imprenditore lattiero-caserario Giuseppe Imperati, la misura cautelare ha raggiunto i vertici del clan Afeltra e Adolfo Greco. Nell’aprile 2015, Imperati, dopo aver subito ad Agerola il furto di due camion carichi di prodotti alimentari, si rivolgeva al potente ed influente Greco che lo convinceva a recarsi da figure apicali degli Afeltra per informarli di quanto accaduto nel “suo” territorio, omaggiarli di un “pensiero” di 5mila euro e chiedere loro nel contempo “protezione futura” per la propria azienda. Il clan, approfittando della sua venuta, avanzava immediatamente una richiesta di 50mila euro, ma Greco rimproverava gli Afeltra di non avere adottato un metodo corretto, in quanto la vittima andava vessata “piano piano”, cosa che puntualmente avveniva costringendolo a soddisfare le pretese dell’organizzazione camorristica degli Afeltra.

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