Riscaldamento globale, allarme Onu: “Non superare la soglia di 1,5 gradi”

di Gabriella Ronza

Non è una notizia recente, né tale da poterci sorprendere, siamo stati istruiti fin dalle elementari sulla pericolosità dell’effetto serra e, dagli esperti, siamo stati avvisati nel passato più remoto e in quello più recente. Riproposto da un drammatico servizio de “Le Iene” dello scorso 17 ottobre, firmato Nadia Toffa, e sempre più attuale a causa dei palesi fenomeni meteorologici degli ultimi tempi, il problema dei cambiamenti climatici è urgente più che mai, anzi imprescindibile.

A lanciare l’allarme definitivo, accompagnato da una specie di ultimatum, è l’Onu. Semplificando al massimo: se non ci fermiamo entro il 2030, il mondo, come oggi lo conosciamo, non esisterà più. Se i Paesi della Terra non prenderanno provvedimenti per limitare i gas serra, il riscaldamento globale potrebbe superare la soglia di 1,5 gradi fra appena 12 anni, nel 2030. E’ questo lo scenario più grave tratteggiato dal rapporto dell’Onu-Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change), “Riscaldamento globale a 1,5 gradi”, preparato a Incheon, in Corea. Lo studio (commissionato all’Ipcc alla Conferenza di Parigi del 2015) è il frutto di  ben due anni di lavoro di 91 ricercatori da 44 paesi.

“Le attività umane si stima che abbiano causato approssimativamente 1 grado di riscaldamento globale dai livelli pre-industriali, con una variazione probabile da 0,8 gradi a 1,2 gradi. – si legge nel rapporto – Il riscaldamento globale è probabile che raggiunga 1,5 gradi fra il 2030 e il 2052, se continua ad aumentare al tasso corrente”. “Il riscaldamento da emissioni umane dal periodo pre-industriale ad oggi – seguendo le affermazioni della ricerca – persisterà per secoli e millenni e continuerà a causare ulteriori cambiamenti di lungo periodo sul clima, come l’innalzamento del livello dei mari, con gli impatti relativi, ma queste emissioni da sole è improbabile che causino un riscaldamento globale di 1,5 gradi”.

L’Ipcc, in pratica, sostiene che, se oggi si cominciasse a ridurre drasticamente le emissioni e ad assorbire la CO2 esistente nell’atmosfera, si potrebbe raggiungere l’obiettivo di mantenere il cambiamento globale entro 1,5 gradi, poiché le emissioni del passato da sole non provocherebbero il superamento di questa soglia. L’azione dell’uomo ha, quindi, causato una situazione irreversibile, ma ancora non del tutto apocalittica, se si ha la capacità di fermarsi qui. I dati saranno comunque discussi nel corso della COP24, la conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite che si terrà tra il 3 e il 14 dicembre nella città polacca di Katowice.

Ritornando, però, allo studio e alle soluzioni pratiche, l’Onu non ha dubbi. Le nazioni hanno ancora la possibilità di ridurre le proprie emissioni di almeno il 60%, e mantenere così l’innalzamento della temperatura globale al di sotto della soglia di due gradi, solo a condizione che si rispettino gli impegni presi alla Conferenza sul cambiamento climatico di Copenhagen del 2017. Quattro sarebbero i percorsi possibili per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali. Si pensa al taglio delle emissioni (passaggio a energie rinnovabili e veicoli elettrici, efficienza energetica, riciclo dei rifiuti, riduzione del consumo di carne) e alla rimozione della CO2 (riforestazione, cattura e stoccaggio del carbonio, quest’ultimo un procedimento ancora sperimentale).

Il primo percorso indicato dall’Onu prevede di puntare sul risparmio energetico e la riforestazione. Il secondo punta su una elevata sostenibilità di tutti i settori produttivi, con un limitato uso dello stoccaggio di carbonio (che ad oggi è fattibile tecnicamente, ma non ancora sostenibile economicamente). Il terzo scenario vede i settori dell’energia e industriale simili a oggi, ma con una maggiore attenzione alla sostenibilità e un ricorso significativo al “carbon storage”. Il quarto percorso (forse troppo futuristico, anche se caro all’amministrazione Trump) prevede uno sviluppo basato sulle fonti fossili, con forti emissioni riassorbite dallo stoccaggio di carbonio.

“I rischi legati al clima per i sistemi umani e naturali sono più alti con un riscaldamento globale a +1,5 gradi dai livelli pre-industriali rispetto al presente, ma più bassi rispetto a un riscaldamento a +2 gradi” si legge.  “Al 2100 – prosegue il rapporto – l’innalzamento medio globale del mare è previsto essere di 0,1 metri più basso col riscaldamento a +1,5 gradi rispetto a quello a +2 gradi”. L’Ipcc prevede “da 0,26 a 0,77 metri al 2100 per un riscaldamento a +1,5 gradi”. Mantenere il riscaldamento al livello più basso previsto dall’accordo di Parigi eviterà l’acidificazione degli oceani e la riduzione dell’ossigenazione. “Sulla terra – continua lo studio – gli impatti sulla biodiversità e gli ecosistemi, comprese perdite di specie ed estinzioni, si prevede che saranno più bassi a 1,5 gradi di riscaldamento che a 2 gradi”. “I rischi legati al clima per salute, mezzi di sostentamento, sicurezza del cibo, fornite d’acqua, sicurezza umana e crescita economica si prevede che aumenteranno con un riscaldamento a +1,5 gradi e saliranno ulteriormente a +2 gradi”.  In conclusione, gli sforzi per l’adattamento all’inevitabile e certo cambiamento climatico “saranno inferiori con +1,5 gradi”.

È palese si stia parlando anche della nostra sopravvivenza come specie. Affrontare i problemi dovuti all’aumento di 1,5 gradi sarebbe più semplice. E l’Italia? Che fine farebbe in tutto questo? Il Belpaese è una penisola. Secondo l’opinione di Simone Monteni (direttore scientifico Lifegate e ingegnere esperto in sostenibilità) intervistato da Nadia Toffa nel servizio del programma di Italia1, per l’aumento delle temperature, dovuto all’emissione di CO2, e, conseguentemente, per lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello del mare, regioni come la Puglia, la Toscana e città come Venezia subirebbero gravi danni (Venezia, ad esempio, sarebbe sommersa). A un’emergenza migrazione politica/economica, si sostituirebbe l’emergenza migrazione climatica e il popolo italiano sarebbe uno dei protagonisti.

A commentare il rapporto Ipcc è stato il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, su Twitter: “(Il rapporto) conferma quanto ho iniziato a chiedere appena insediato e porteremo alla Cop 24: l’accordo di Parigi non è sufficiente per evitare effetti disastrosi al Pianeta. Dobbiamo accelerare la decarbonizzazione con interventi in tutti i settori. L’Italia c’è”. Mentre su Facebook il segretario del Partito Democratico, Maurizio Martina, ha dichiarato: “È emergenza clima nel Mondo. Chiediamo subito una sessione straordinaria di discussione in Parlamento per affrontare la situazione e preparare al meglio la posizione italiana per la prossima Cop24 che si terrà ai primi di dicembre in Polonia”.

“Il rapporto mostra che è possibile mantenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi – hanno affermato i commissari Ue al Clima, Miguel Arias Canete, e alla Ricerca, Carlos Moedas – a condizione che agiamo ora e utilizziamo tutti gli strumenti a nostra disposizione”. Fra due mesi a Katovice ci sarà un’importante conferenza sul clima, in cui, concludono i commissari, “dobbiamo prepararci a raggiungere un’economia carbon neutral il più presto possibile in questo secolo. Questo è il messaggio che porteremo a Katowice”.

Di fronte a situazioni così grandi, che riguardano l’umanità e non il singolo, ci si sente piccoli e impotenti, ma Monteni afferma che si può fare molto anche individualmente. Ad esempio, si potrebbe mantenere il riscaldamento domestico al di sotto i 19 gradi e optare per una scelta energetica rinnovabile. Non si deve mai dimenticare che tanti piccoli gesti possono provocare una rivoluzione collettiva, in questo caso davvero salvifica.

IN ALTO IL SERVIZIO DE “LE IENE”

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