Mafia a Latina, 20 arresti contro il clan rom Di Silvio

di Redazione

La Polizia di Stato di Latina, dalle prime ore di stamane, su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Roma ha eseguito una misura cautelare nei confronti di oltre 20 persone, ritenute appartenenti ad un pericoloso clan criminale rom dei Di Silvio, operante nel quartiere Campo Boario, con le accuse di associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, violenza privata, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reati elettorali, tutti aggravati dalle modalità mafiose.

Oltre 250 gli agenti impegnati. Tra i soggetti destinatari della misura cautelare vi sono ben 7 donne, una delle quali figura tra i vertici del clan.  Nel provvedimento cautelare vengono contestati anche reati elettorali previsti dal Codice Antimafia. L’inchiesta – condotta dal sostituto procuratore Barbara Zuin della Dda e dai pm pontini Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro (applicati alla Dda) e coordinata dal procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino – ha preso il via con le rivelazioni del pentito Renato Pugliese, contestate estorsioni e traffico di droga. E’ la prima volta che al clan pontino viene contestata l’aggravante mafiosa. Si tratta, infatti, di un’associazione criminale senza legami con Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra ma in grado di imporsi con l’intimidazione e la violenza tipiche di tali organizzazioni mafiose.

Secondo quanto emerso dalle indagini, gli autori delle estorsioni, effettuate con metodi particolarmente violenti, utilizzavano il nome dei Di Silvio per amplificare il potere di intimidazione e per ricordare che la destinazione del denaro era al sostentamento dei carcerati e delle loro famiglie. O, ancora, spendevano quel nome per richiamare episodi violenti risalenti alla guerra del 2010, quando le famiglie rom si imposero sui altri gruppi criminali. Una vicenda iniziata con il tentato omicidio di Carmine Ciarelli, capo dell’omonima famiglia, a cui fecero seguito in meno di 48 ore gli omicidi di Massimiliano Moro e Fabio Buonamano.

“Per la prima volta in territorio pontino viene riconosciuta l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona, non legata a gruppi criminali siciliani, calabresi o campani – spiegano dalla questura – Gli autori delle numerose estorsioni, effettuate con metodi particolarmente violenti e vessatori, come avviene nelle mafie tradizionali, spendevano sempre il nome dei Di Silvio per amplificare il potere di intimidazione, ovvero il riferimento alla destinazione del denaro richiesto al sostentamento dei carcerati e delle loro famiglie, o ancora richiamando episodi cruenti risalenti alla guerra criminale del 2010, quando le famiglie rom si imposero sui altri gruppi criminali”.

“Finora ci siamo misurati con organizzazioni di tipo tradizionale come pezzi di ‘ndrangheta e camorra, come accaduto con le operazioni contro le famiglie Schiavone e Tripodo nel sud pontino. – ha spiegato in conferenza stampa a Roma il procuratore Prestipino – Qui c’è un gruppo autoctono che da moltissimi anni è insediato sul territorio e che dal 2010 esercita un potere egemone sul territorio attraverso comportamenti mafiosi. Per la prima volta contestiamo il reato di associazione mafiosa a un gruppo originario del posto che ha nel tempo accumulato un potere criminale modellandolo sull’archetipo del 416 bis”. “Si tratta di un gruppo storico, quello dei Di Silvio-Ciarelli, famiglie di etnia rom che si sono alleate per controllare il territorio – ha proseguito Prestipino – e che fino al 2010 si erano contrapposte ad altre famiglie con fatti di sangue estremamente gravi. In questi anni hanno dimostrato capacità di controllare il territorio strada per strada, quartiere per quartiere”. Cio ha comportato “estorsioni sistematiche a tappeto in base alla regola secondo cui ‘tutti devono pagare tutto’. Per la prima volta sottoposta a estorsioni la categoria degli avvocati, che hanno ricevuto la visita degli esponenti di questo gruppo nei loro studi”.

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