Aversa, mobbing in ospedale: dal caso Di Cicco alla legge regionale

di Antonio Arduino

Aversa – Prima non c’era oggi c’è. Parliamo del mobbing. Una malattia professionale psicologica non riconosciuta quasi venti anni fa, oggi tutelata e curata dal sistema sanitario nazionale che ha segnato la vita di un medico aversano. Era il 30 dicembre 2000 Nazario Di Cicco, medico, specialista in ortopedia, in servizio presso l’ospedale di Aversa, scrive sul Corriere del Mezzogiorno “Io del mio ospedale non mi fido” (guarda l’articolo). Spiegando in maniera chiara il perché dell’affermazione che era basata sul concetto di morte evitabili sperava di richiamare l’attenzione dei vertici dell’azienda sanitaria locale affinché si attivassero perchè nel “suo” ospedale non ve ne fossero più. Il risultato fu tutt’altro. Nei suoi confronti scattò una operazione che lo portò prima fuori dalle mura dell’ospedale e poi al licenziamento.

Di Cicco era stato sottoposto a mobbing ma, all’epoca, la malattia ufficialmente non esisteva e furono inutili i tentativi fatti dal medico – che dopo anni di lotta è riuscito a far valere le sue ragioni – per dimostrare di esserne stato oggetto. Nel 2000 il mobbing non esisteva, oggi c’è. Al punto che il consiglio regionale della Campania all’unanimità ha approvato una legge sul mobbing e sul disagio lavorativo.

La legge, che parte con una dotazione finanziaria di 200mila euro, presentata in aula da Antonio Marciano del Pd, come relatore di maggioranza, e da Ermanno Russo di Forza Italia, come relatore di minoranza, istituisce presso la Giunta regionale l’Osservatorio regionale sul mobbing e il disagio lavorativo che si occupa di monitoraggio, raccolta, elaborazione e analisi dei dati delle strutture. Una legge che non solo istituisce l’Osservatorio per supportare le strutture amministrative regionali competenti in materia di sanità, lavoro e politiche sociali; per sviluppare programmi di formazione, per tutti gli operatori sanitari, finalizzati a definire protocolli per la prevenzione, ma istituisce anche, presso i Comuni, appositi sportelli di ascolto del disagio lavorativo. Sportelli ai quali Di Cicco non ebbe la possibilità di accedere dal momento che il mobbing nel 2000 non era considerato nei testi di medicina.

In pratica, quel disagio creato da colleghi di lavoro non esisteva ma c’era e ha prodotto allo specialista effetti devastanti, cancellando la vita che sperava di avere quando decise di studiare medicina e obbligandolo a vivere una vita non sua. Oggi che il mobbing è universalmente riconosciuto chi potrà restituire a Di Cicco gli anni perduti, cancellare le umiliazioni sofferte e i problemi personali che ha dovuto affrontare?  Ovviamente nessuno, ma un fatto è certo che Di Cicco resterà nella storia come un uomo che ha avuto il coraggio di opporsi al sistema per tentare di cambiarlo. Chi riesce a fare altrettanto!

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