Ruby, i giudici: “Nessuna prova che Berlusconi conoscesse minore eta’”

di Redazione

 Milano. Non c’è prova che Silvio Berlusconi fosse a conoscenza della minore età di Karima el Mahroug, detta “Ruby”.

Così come non c’è prova che l’ex premier abbia costretto la notte del maggio 2010 il funzionario della Questura di Milano a rilasciare la giovane marocchina. Lo si legge tra le motivazioni della sentenza con cui la Seconda Corte d’appello di Milano, lo scorso 18 luglio, ha assolto il leader di Forza Italia, condannato in primo grado a sette anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dalle accuse di concussione per costrizione e prostituzione minorile – rispettivamente “perché il fatto non sussiste” e perché “il fatto non costituisce reato”.

Secondo l’accusa, Berlusconi avrebbe fatto pressioni sulla Questura – dicendo anche che Ruby era nipote dell’allora presidente egiziano Hosni Mubarak – la notte del 27 maggio 2010, quando era presidente del Consiglio, nel tentativo di far rilasciare la giovane, trattenuta per un presunto furto, e di occultare così la sua presunta relazione con lei, all’epoca minorenne. Accuse sempre respinte da Berlusconi.

A parere della Corte d’appello, presieduta dal giudice Enrico Tranfa, l’allora premier non fece minacce. Inoltre, “la conoscenza della minore età della persona offesa da parte di Silvio Berlusconi è circostanza non assistita da adeguato supporto probatorio”, almeno per quanto riguarda il periodo delle serate con sesso ad Arcore, mentre la “corte non dubita” che Berlusconi sapesse l’età della giovane quando chiamò in Questura, ma che anzi “proprio per tale ragione (o anche per tale ragione) si indusse a telefonare”.

Per quanto riguarda le feste ad Arcore, i giudici precisano che in alcune serate “è stato accertato al di là di ogni ragionevole dubbio” che “attività di prostituzione fu effettivamente svolta e con modalità significativamente ricorrenti”. Da alcune testimonianze, spiegano ancora i giudici, si arriva “all’accertamento di un ‘sistema prostitutivo’ imperniato sulle serate ad Arcore, da cui ulteriormente deriva – grazie alla lettura unitaria e coordinata degli elementi indiziari della prostituzione di Karima El Marough – la prova del compimento di atti sessuali a pagamento tra l’imputato e la minore”. “Viene in rilievo, innanzi tutto, lo svolgimento, da parte della minore, di attività di meretricio prima, durante e dopo la sua frequentazione ad Arcore”, oltre al suo “vistoso e improvviso innalzamento del tenore di vita in coincidenza col periodo di frequentazione della residenza” di Berlusconi.

Ruby, però, non viene considerata molto credibile dai giudici. “Non vi è dubbio – scrivono nella sentenza – che le contraddizioni, le falsità e le enfatizzazioni rinvenibili nelle dichiarazioni di Karima El Marough (talune anche di carattere macroscopico, come nel caso del convinto e reiterato coinvolgimento in serate dai risvolti orgiastici di persone che mai neppure avevano messo piede ad Arcore) impediscano di fare affidamento sulla credibilità soggettiva della teste e di attingere sic et sempliciter ai contenuti delle sue dichiarazioni per la prova dei fatti narrati”.

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