Turchia, rivolta per Gezi Park: tre morti per gli scontri

di Redazione

 INSTANBUL. Sale a tre il numero delle vittime degli scontri in Turchia ad una settimana dall’inizio dei disordini per difendere la deforestazione di Gezi Park, minacciato dalla costruzione di un centro commerciale.

L’ultima vittima, in ordine di tempo, è Abdullah Comert, è un ragazzo di 22 anni deceduto in ospedale dopo essere stato colpito da un colpo d’arma da fuoco durante scontri nel sud della Turchia al confine con la Siria. Lo ha annunciato la televisione privata Ntv. Secondo un parlamentare del partito di opposizione, Hasan Akgol citato da Ntv, Abdullah era membro del del Partito Repubblicano del Popolo (Chp). La polizia ha avviato un’indagine sulle circostanze della morte. Nei giorni scorsi sono deceduti Ethem Sarisuluk, ferito ad Ankara con un colpo di arma da fuoco sulla testa, e un altro ragazzodi 20 anni, morto a Istanbul dopo che un taxi si è lanciato contro la folla che manifestava.
Intanto, lunedì sera, durante una visita in Marocco, il premier islamico Recep Tayyip Erdogan, ha spiegato: “La situazione in Turchia si sta calmando e al mio ritorno da questa visita i problemi saranno risolti”. Ma poco dopo la sua dichiarazione il piazza Taksim a Istanbul si è riempita nuovamente di manifestanti e sono scoppitati nuovi tafferugli che si sono visti anche ad Ankara e,più tardi, anche nel sud del paese.
Sulle reti sociali continuano a circolare foto e video sulla feroce repressione da parte della polizia turca della protesta negli ultimi giorni. I manifestanti, che chiedono le dimissioni del premier, denunciano la “censura” esercitata nei confronti del movimento di protesta da parte delle principali tv turche, che accusano di obbedire alle direttive del governo, e affermano che i collegamenti con internet spesso vengono interrotti nelle aree in cui l’uso eccessivo della forza contro i manifestanti è stato criticato dalla stampa internazionale e da molte capitali estere. Secondo Amnesty International alcune delle centinaia di feriti sono in pericolo di vita.

E dai social network è partito il tam tam dei manifestanti che invitano gli amici del Maghreb a protestare anche loro dopo gli attacchi violenti della polizia.

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