Sollecito: “Mentire per incastrare Amanda”

di Emma Zampella

Raffaele Sollecito e Amanda KnoxPERUGIA. Un libro che ha scalpore prima ancora di arrivare in Italia: “Honor Bound” di Raffaele Sollecito racconta di come “volevano che mentissi per incastrare Amanda”.

Una denuncia importante fatta dallo stesso studente di Perugia, imputato con l’americanaAmanda Knoxnel processo per la morte della studentessa ingleseMeredith Kercher, avvenuta a Perugia il 1 novembre 2007. Una dichiarazione questa che ha fatto insorgere il procuratore di PerugiaGiuliano Migniniche smentisce subito e categoricamente che qualsiasi trattativa abbia avuto luogo nel caso di Amanda e Raffaele. ”Smentisco in maniera categorica qualsiasi riferimento che mi riguardi”ha affermato il pm Mignini. ”Mi riservo ogni azione legale” ha aggiunto senza volere entrare nel merito della vicenda.

Nel libroRaffaele Sollecitoparla di una trattativa sollecitata da un avvocato vicino alla pubblica accusa per convincerlo a dire di non saperecosa Amanda avesse fatto quella sera. Sarebbe bastato quello, ammettendo la sola copertura offerta ad Amanda, per uscire presto di galera, lasciando nei guai l’americana. I due ragazzi erano stati condannati per il delitto in primo grado rispettivamente a 25 e 26 anni di carcere, poi sono stati assolti in appello. Il libro scritto da Sollecitosta per uscire in Americae il settimanale ‘Oggi’, da domani in edicola, ne pubblica alcune anticipazioni.“Il presunto progettonon si concretizzòper l’opposizione – riporta la Stampa, citando Honor bound – prima della sorella del giovane, Vanessa Sollecito, poi di uno dei difensori,Giulia Bongiorno(”fu inorridita e minacciò di lasciare l’incarico perché una trattativa segreta costituiva la violazione della procedura legale”), e quindi il padre, Francesco Sollecito, lo rifiutò.

E parla anche del continuo “martellamento sulle palle” da parte della famiglia, specialmente da parte della sorella Vanessa. “Mi accusavanodi aver perso la testa per Amanda, e le danze continuavano, fin quando non eravamo tutti furiosi e sfiniti”. Un giorno Raffaele prende carta e penna e scrive alla zia Magda, con preghiera di inoltrare al resto della famiglia: “Non ho piu’ la forza di sopportare il vostro desiderio di incolpare Amanda di cose di cui non e’ responsabile e chenon merita”.Sollecito racconta anche la prima sera passata con la Knox, quando la invito’ a casa per vedere un film:”Appena mi sistemai vicino a lei -scrive Sollecito- il film era gia’ bello e dimenticato. Non erano ancora finiti i titoli di apertura che gia’ ci eravamo levati i vestiti l’uno dell’altra. La mattina dopo mi svegliai con Amanda ancora abbracciata a me”. Il giovane, poi, ripercorre la notte degli interrogatori e afferma di aver sentito “i poliziotti urlare addosso ad Amanda”, nonche’i “pianti e i singhiozzi” della ragazza: “Pensavo che la polizia fosse fatta di onesti difensori della pubblica sicurezza, ma questi mi sembrava che si comportassero piu’ come dei banditi”. Mentre Amanda piangeva nell’altra stanza, Sollecito afferma che il poliziotto che lo controllava gli si avvicino’ dicendo: “Se provi ad alzarti e andartene, ti pesto a sangue e ti ammazzo.Ti lascio in una pozza di sangue”. Poi, continua il giovane pugliese, “mi si gelarono le ossa quando sentii i lamenti di Amanda dall’altra stanza. Urlava in italiano, ‘Aiuto, aiuto!'”.

Infine, il ragazzo racconta nel libro l’incontro avutodopo il processo con Amanda negli Usa. “Mi ha dato un grande abbraccio – dichiara Sollecito – del tipo che ci si puo’ dare tra grandi amici o tra fratello e sorella, quelli che condividono uno speciale, indistruttibile legame”. “Io e Amanda siamo una cosa sola adesso”, aveva scritto Raffaele in una lettera indirizzata alla sua famiglia. Una nuova ombra cala sul giallo di Perugia. Dopo l’assoluzione nel processo per l’omicidio di Meredith Kercher, ora Raffaele Sollecito accusa il pm Giugliano Mignini: “A processo in corso mise a punto un piano per incastrare Amanda costringendomi a confessare di aver avuto un ruolo minore, in cambio di una pena più mite”. A scriverlo è proprio Raffaele nel suo libro verità che esce oggi negli Stati Uniti.

Sollecito ripercorre i lunghi anni da quel novembre 2007 che gli ha cambiato la vita e parla di un mondo della giustizia di Perugia “pieno di buchi e fughe di notizie”. L’impensabile, scrive il quotidiano”La Stampa” anticipando i contenuti del libro, avvenne dopo la conclusione del processo di primo grado, in cui il ragazzo fu condannato a 25 anni. “Venne detto alla mia famiglia – si legge – che Mignini sarebbe strato disposto a riconoscere che ero innocente se gli avessi dato qualcosa in cambio, incriminando direttamente Amanda o semplicemente non sostenendola più”.

Le trattative, che per il pubblico ministero erano portate avanti da due avvocati e per la famiglia Sollecito dallo zio Giuseppe, si infittiscono con il passare del tempo. Uno dei due intermediari, continua Raffaele, disse allo zio che per mitigare la sentenza “avrei dovuto accettare un accordo, confessando di aver avuto un ruolo minore, come ad esempio aver aiutato a ripulire la scena del delitto pur non avendovi avuto alcun ruolo”. A bloccare quanto stava accadendo è stato l’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Raffaele Sollecito, informato della vicenda nell’estate del 2010 quando si prospettava un incontro diretto con Mignini. “Fu inorridita e minacciò di lasciare l’incarico perché una trattativa segreta costituiva la violazione della procedura legale”. In quel momento il padre si rese conto di quanto stava accadendo e fece marcia indietro. Il tutto all’oscuro di Sollecito che seppe della vicenda solo alla fine del processo.

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