Delitto Pasolini, trovato dna di un terzo uomo: indagini riaperte dopo 36 anni

di Mena Grimaldi

Pier Paolo PasoliniROMA. Alla luce dei nuovi fatti, la sentenza del Tribunale di minori del presidente Alfredo Moro che aveva condannato Pino Pelosi per omicidio in concorso con ignoti aveva probabilmente creato dissapori proprio perché troppo vicina alla verità.

La conferma ufficiale nella giornata di lunedì. Tra i reperti ritrovati sul luogo in cui venne assassinato Pier Paolo Pasolini, i Ris hanno trovato un altro Dna. Un profilo biologico non appartenente né a Pisolini, né a Pino Pelosi. La notte di quel primo novembre di 36 anni fa, all’Idroscalo di Ostia, Pasolini e Pelosi non erano soli. Il dna, estratto dalle tavolette trovate sul posto, utilizzate per colpire lo scrittore e dagli indumenti, appartiene a un soggetto terzo. Ma non è stato ritrovato solo sangue. Ci sarebbero, infatti, le impronte digitali di chi impugnò quelle tavolette utilizzandole come arma.

Nonostante questa fosse una verità già lungamente sostenuta dai difensori e ipotizzata da molti, oggi la prova scientifica conferma che bisogna riscrivere la storia di quegli anni; la storia del delitto Pasolini. Si riaprono le indagini, dunque, proprio grazie a quei reperti custoditi in uno scatolone al Museo di criminologia di via Giulia per 36 anni. Gli indumenti e gli oggetti personali, la camicia modello Missoni, gli stivaletti alla moda, il maglione verde che i parenti dello scrittore esclusero fosse di Pasolini, i jeans, gli occhiali scuri, il tesserino dell’Ordine dei giornalisti, il plantare e l’anello trovato nel fango dell’Idroscalo. Gli accertamenti sono stati condotti nella caserma di Tor di Quinto. Resta da scrivere solo la relazione finale.

Il pm, Francesco Minnisci, che ha disposto il riesame dei reperti e secretato i risultati, è pronto a sentire nuovi testimoni. Primo fra tutti “Johnny lo Zingaro”, ovvero Giuseppe Mastini, che secondo molti era presente quella sera.

Nichi Vendola – L’ultimo Pasolini

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