Petteruti: “Del Gaudio apprendista stregone”

di Redazione

Nicodemo PetterutiCASERTA. Giornata nera quella per la città di Caserta. Per la prima volta nella storia i dipendenti manifestano contro l’amministrazione comunale, a causa del blocco degli stipendi.

Poiché non vi è funerale nel quale alle lacrime non si mescoli il riso, ieri ci ha pensato il sindaco, con il suo codazzo e l’ormai immancabile scorta, a portare la nota grottesca. Quella fascia tricolore, pretenziosamente portata nella prima fila del corteo e rifugiatasi, poiché scacciata, nella umiliante posizione di coda, racconta la miseria tragica in cui è stata precipitata l’Istituzione cittadina.

La paradossalità dell’accaduto emerge ferocemente da tutte le cronache di stampa, cartacea e on line, e dai commenti impietosi (si distingue per elegante mordacità quello della segreteria del Pdci-Fds) che hanno stigmatizzato in ogni dove l’improvvida “cacciata”, figlia di un’impudenza venduta per coraggio. Ma è il contesto in cui essa si colloca che preoccupa, perché non si vede barlume di capacità di progettare il futuro. Gli stipendi di ottobre? I rifiuti a terra? Poniamo che a breve, lo auguro ai dipendenti e anche a me, come cittadino nuovamente infestato dall’immondizia, si risolva il problema del momento. E poi? Gli stipendi di novembre, i servizi, le tredicesime, i mille bisogni quotidiani, la macchina comunale inesorabilmente inceppata? Qual è il progetto, la linea guida per farvi fronte?

Come l’apprendista stregone dello Zauberlehrling goethiano, il sindaco rimane vittima della sua perversa invenzione e trascina con sé l’intera città. Il dissesto. Quest’operazione cui si erano affidati senza un progetto, un dibattito, un’analisi, attribuendole taumaturgiche virtù dichiarate nel famoso manifesto azzurro, è stata compiuta a precipizio. Neppure la scelta dei tempi è stata ragionata, né si è disegnato un percorso per affrontarne le inevitabili conseguenze. Ora che emerge il pressappochismo con cui si è proceduto, e affiorano dubbi nella maggioranza stessa, mentre iniziano le proteste di piazza, non basta neppure più il tedioso ritornello dello scaricabarile, delle colpe altrui, dei sabotaggi e della fiducia in un prossimo radioso avvenire. Sia chiaro, la scelta del dissesto non era né ineluttabile né obbligata. Falco, che se ne intende, propende per una convenienza collegata ai “debiti elettorali”.

Si è tentato di attribuirla ad ingiunzioni della Corte dei conti, poi al prefetto e a consulenti ministeriali. Quante altre panzane dovremo ascoltare? Se solo avessero letto il ponderoso studio (aprile 2010) del Ministero dell’Interno sul Dissesto degli enti locali, sarebbero stati molto più cauti nello scegliere un rimedio per molti versi peggiore del male. E se avessero letto gli Atti delle due ispezioni compiute in Comune dal MEF nel 2002 e nel 2008, avrebbero molto più chiare le idee su origini e cause delle difficoltà finanziarie del Comune, sostanziatesi durante l’amministrazione Falco (con Del Gaudio, Ferraro ed altri amministratori attuali) e consacrate in quei documenti.

Quando, nel 2006, ricevetti le consegne, fu chiaro che le condizioni erano difficilissime. Sarebbe stato semplice lavarsene le mani, riversando sulla città i guai ereditati. Dice Zinzi: “Petteruti non ebbe il coraggio di farlo…”. Obietto: ebbi il coraggio di non farlo e di accollarmi cinque anni di percorso impervio, durante i quali a nessuno è mancato lo stipendio, le scuole e le mense hanno funzionato, si sono pagati tanti debiti pregressi, doverosamente prima di quelli più recenti (ragion per cui appaiono debiti non pagati quelli che sono rimasti indietro a causa degli arretrati…), si sono realizzate opere e servizi. Cinque anni nei quali la città fu riscattata dall’oltraggio dei rifiuti, con la differenziata al 50% e tre isole ecologiche, con la scomparsa del panettone e i fondi per la bonifica di Uttaro, di cui ora altri menano vanto.

Il ritorno delle montagne di sacchetti è la rappresentazione plastica di ciò che l’amministrazione Del Gaudio è stata capace di produrre in soli sei mesi e l’umiliazione inflitta nella pantomima di ieri a quel simbolo dello stato che è la fascia tricolore, è un fosco presagio del futuro, a scongiurare il quale occorrerebbe una serietà che, purtroppo, come il coraggio di don Abbondio, se uno non ce l’ha non se la può dare.

Nicodemo Petteruti

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