Delitto di Cocquio, le figlie di Piccolomo: “Uccise nostra madre”

di Redazione

Giuseppe PiccolomoVARESE.Giuseppe Piccolomo, il 58enne imbianchino di Ispra, arrestato per l’omicidio della pensionata Carla Molinari, a cui furono mozzate le mani nella sua casa di Cocquio Trevisago, resta in carcere.

La custodia cautelare in carcere è stata disposta dal gip di Varese Giuseppe Fazio, su richiesta del pm Luca Petrucci. La motivazione non riguarda il pericolo di fuga ma gravi indizi di colpevolezza.

Il sospettato finorasi era avvalso della facoltà di non rispondere, poi, lunedì mattina, agli agenti della Polizia penitenziaria ha detto: “Sono musulmano”, affinché gli preparassero un pasto privo di carne di maiale e non accompagnato da vino.

Un particolare privo di qualsiasi valenza nell’ambito dell’inchiesta, secondo l’avvocato difensore dell’uomo, Simona Bettiati. Del resto, la sua presunta conversione religiosa non era un gran mistero, soprattutto fra gli avventori del bar del centro commerciale cocquiese diventato quasi la sua seconda casa. Piccolomo si sarebbe convertito dopo il suo secondo matrimonio, quando sposò una donna marocchina (ex colf di casa) con la quale gestiva la pizzeria non lontana dalla villettadella Molinarie dove ebbe modo di conoscere la vittima. Non risulta, comunque, frequentasse moschee o luoghi di culto musulmani.

Stando ad alcune testimonianze del bar, risulta invece che l’uomo trascorreva interi pomeriggi seduto al tavolino con la Gazzetta dello Sport fra le mani, e che era uno sfegatato tifoso del Milan, tanto da recarsi a Vienne per una finale di Coppa dei Campioni, vestito da mascotte dei rossoneri, ovvero da diavolo col tridente di plastica.

LE FIGLIE: “FU LUI AD UCCIDERE NOSTRA MADRE, RIAPRITE LE INDAGINI”. Intanto,le sue due figlie Nunzia e Cinzia, di 38 e 35 anni, avute dal primo matrimonio con la defunta Marisa Maldera, chiedono di riaprire le indagini sulla misteriosa morte della madre, che per loro non fu una disgrazia ma un omicidio compiuto proprio dal marito e loro padre. La Maldera, originaria di un piccolo centro della provincia di Bari, conobbe in adolescenza Piccolomo e a 16 anni rimase incinta. Poi si trasferirono nel varesotto e lì, dopo qualche tempo, l’uomo iniziò una relazione con la colf marocchina, che avrebbe poi sposato dopo la scomparsa di Marisa. Era la notte del 21 febbraio 2003, a Caravate, quando la donna morì carbonizzata nell’auto di Piccolomo. Si disse che a provocare il rogo era stata una tanica di benzina nel bagagliaio. Lui raccontò di non essere riuscito a salvarla ma fu indagato,patteggiando poi la pena adun anno e quattro mesi per omicidio colposo. “Speriamo che resti per sempre in carcere, lui non è più nostro padre”.

Varese, uccisa e mutilata: il killer ispirato da Csi di Leonardo Tessitore del 27/11/2009

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