Illegale spiare chi scambia file protetti da copyright

di Redazione

 L’Autorità garante della privacy ha disposto il divieto assoluto di spiare, ovviamente ad insaputa dell’ignara vittima, chi si scambia dei file musicali, dei film o dei videogiochi, tramite i cosiddetti programmi “peer to peer”.

L’istruttoria, avviata dalla casa discografica tedesca Peppermint, che con l’ausilio della Logistep, una società informatica svizzera, era riuscita a spiare chi effettuava il download illegale dei file, è stata ufficialmente chiusa. L’intento della casa discografica era quello di chiedere un congruo risarcimento a tutti quanti fossero stati scoperti dalla Logistep a scaricare dati coperti da copyright. Migliaia d’indirizzi IP (il numero che identifica il computer collegato alla rete), una specie di carta d’identità degli utenti considerati colpevoli di scambio illegale di file, erano già stati individuati. La casa discografica tedesca aveva ottenuto il via libera dal Tribunale per costringere alcuni provider a svelare i nominativi degli utenti intestatari degli indirizzi IP scoperti. Successivamente la stessa Peppermint aveva iniziato ad inviare delle lettere raccomandate, dal contenuto minaccioso, a tutti questi utenti. Nella lettera, con modi a dir poco scortesi, s’intimava la rimozione dei file coperti da copyright e il pagamento di una sorta di pizzo (per evitare brutte sorprese) pari a circa trecentotrenta euro. In molti, ovviamente, per evitare la denuncia penale, per aver condiviso musica coperta da copyright, avevano iniziato a pagare.

Il Garante per la difesa dei dati personali, d’accordo con l’omologa autorità della Confederazione Elvetica, ha ritenuto illegale l’attività della Logistep. Una direttiva europea sulle comunicazioni elettroniche non consente, infatti, ai soggetti privati di praticare il monitoraggio indiscriminato d’internet. Tra le altre cose, le reti “p2p” (peer to peer) sono state create apposta per lo scambio di file per scopi personali. I dati dell’utente non possono, pertanto, essere utilizzati per gli scopi perseguiti dalla Peppermint e dalla Techland (l’altra società coinvolta nella richiesta di risarcimento), in quanto sussiste un mancato rispetto dei principi elementari di trasparenza e correttezza commerciale. Sono stati raccolti, infatti, anche i dati anche d’abbonati di sicuro non coinvolti nello scambio illegale di file. Il Garante ha, quindi, disposto che la data del 31 marzo è il termine ultimo per la distruzione degli elenchi contenenti i dati raccolti. In nome del diritto d’autore non si può infrangere la privacy d’ignari cittadini. D’ora in poi, le “spiate” a mezzo web, effettuate da società prive di scrupoli, sono da ritenersi illegali. Stavolta la guerra dichiarata ai fautori del download libero ha visto perdenti le case discografiche e vincenti gli amanti del p2p, ma quanto tempo dureranno gli effetti di questa vittoria? Gli avvocati di Mahlknecht & Rottensteiner, difensori della Peppermint, già stanno affilando le armi per presentare un ricorso avverso la decisione della magistratura tedesca. “La decisione non è equa”, questo è il sintetico commento rilasciato a caldo dalla società. “Esiste il diritto proprietà e il diritto di difendere i propri interessi. Non è possibile che, salvo qualche utente multato, tutti la facciano franca”. La risposta dell’autorità per la privacy non si è fatta attendere: “In democrazia per difendere i propri diritti non si può ricorrere alla giustizia far da sé”. Staremo a vedere.

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