Tarsu, come ottenere la riduzione e il risarcimento

di Redazione

Tarsu, come ottenere la riduzione e il risarcimentoRitorniamo ancora una volta sulle iniziative che il cittadino (singolarmente o in gruppo) può intraprendere per contestare l’inefficacia o l’assenza totale della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

In particolare come fare per avere la riduzione del 60% della TARSU, come farsi risarcire per i danni subiti dalla propria salute, come intraprendere iniziative collettive del tipo: “class action”.

Diciamo subito che per farsi riconoscere i danni causati dalla cattiva gestione del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti è possibile agire in vari modi. Il primo è quello d’intraprendere un’azione di risarcimento scegliendo la via amministrativa. La riduzione della TARSU, la tassa sui rifiuti solidi urbani, può essere chiesta ai sensi dell’art. 59 commi 4 e 6 del Decreto Legislativo n. 507 del 1993. Questo è il decreto che istituiva il tributo da versare per la raccolta dei rifiuti solidi urbani. Il decreto prevedeva che, nell’eventualità di una scarsa qualità del servizio erogato, il tributo potesse essere ridotto del 60% o addirittura sospeso. Questa riduzione, infatti, oggi può essere richiesta sia se il servizio di raccolta non venga svolto nei pressi della residenza o della sede dell”attività lavorativa dell”utente (ad esempio un negozio) sia se venga espletato violando pesantemente le prescrizioni riguardanti le distanze, la capacità dei contenitori di accogliere l’immondizia o la frequenza della raccolta stessa.

La riduzione può essere chiesta al Comune di residenza compilando un apposita domanda, da presentare presso l’Ufficio del Protocollo Generale e facendosi rilasciare opportuna ricevuta. Bisogna precisare che per ottenere la riduzione occorre provare che l’utente si è trovato nell’impossibilità effettiva di utilizzare il servizio di raccolta dei rifiuti. La Cassazione ha precisato, con la sentenza n. 6312 del 23 marzo 2005, che dimostrare l’inclusione dell’immobile nel territorio comunale non è sufficiente per ottenere la riduzione. Fotografate, quindi, i cumuli d’immondizia nei pressi della vostra abitazione o negozio e allegateli alla domanda. Quando il servizio di raccolta s’interrompe temporaneamente, a causa di scioperi o per cause imprevedibili, e il mancato espletamento del servizio stesso, protratto nel tempo, causa una situazione di danno o di pericolo sia ai cittadini sia all”ambiente, l’utente può chiedere uno sgravio o la restituzione di una parte della tassa in proporzione alla durata dell’interruzione (art. 59 comma 6).

Sospendere di propria iniziativa il pagamento della tassa o ridurne autonomamente l’ammontare, senza aver prima ottenuto un provvedimento giudiziale o un’autorizzazione, non è consentito. La sospensione del pagamento del tributo è prevista solo quando (come nella situazione attuale) le autorità sanitarie competenti (l’A.S.L.) accerti un reale pericolo per la salute pubblica. In questo caso il cittadino può provvedere, a proprie spese, alla rimozione dei propri rifiuti (art. 59 comma 6). Altra via per farsi riconoscere il proprio diritto a vivere senza immondizia è quella civile.

Si può chiedere al Giudice di Pace di condannare il Comune e l’azienda appaltatrice del servizio di raccolta rifiuti, al risarcimento del danno causato alla qualità della vita. Ipotizzando la lesione del diritto alla salute, che è un diritto soggettivo il giudizio è devoluto al Giudice Ordinario.Spetterebbe al Giudice speciale amministrativo (nella fattispecie quello tributario) la giurisdizione solo quando l’oggetto del giudizio fossero i tempi e i modi d’esecuzione del servizio di smaltimento degli RSU. In questi casi si configurerebbe una chiara lesione di legittimi interessi dell’utente, nonché cittadino. Quando i disservizi sono di enorme gravità, noti a tutti, eclatanti per gli effetti, che tutta la popolazione conosce e patisce per averli visti personalmente, per averli provati in prima persona, la domanda nel pieno merito sarà pienamente e totalmente provata dal fatto noto a tutti, senza che ci sia la necessità di provare alcunché ulteriormente.

I latini dicevano: “Notoria non egent probatione”. Il Comune di Napoli e l’A.S.I.A. Azienda Servizi Igiene Ambientale, quella che si occupa della raccolta dei rifiuti a Napoli e provincia. sono stati condannati a risarcire il danno alla qualità della vita patito da un cittadino-contribuente. Per quanto riguarda la “Class action”, il cosiddetto ricorso collettivo, c’è da dire che: tutte le associazioni (sia dei consumatori sia degli utenti) che a livello nazionale siano rappresentative e siano iscritte all’elenco depositato presso il Ministero delle attività produttive e tutte le associazioni e i comitati che rappresentino effettivamente gli interessi della collettività (ad esempio l’Osservatorio per i rifiuti) possono proporre un’azione collettiva per ottenere un risarcimento.

L’articolo 2, comma 446 della Legge n. 244 del 24 dicembre 2007, la cosiddetta Legge Finanziaria 2008, ha previsto, infatti, nel Codice dei Consumatori di cui al decreto legislativo del 6 settembre 2005, n. 206, l’articolo n. 140 bis, rubricato come: “Azione collettiva risarcitoria”. Questa norma permette di chiedere al tribunale dove ha la sede legale l’impresa, di accertare il diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettanti, a tutti i singoli consumatori o utenti in conseguenza, tra le altre cose, di atti illeciti extracontrattuali, nella misura in cui questi atti illeciti siano lesivi dei diritti di più consumatori o utenti. Quindi, i consumatori o utenti che hanno intenzione di avvalersi di questa forma di autotutela devono, per iscritto, comunicare la propria adesione all’azione collettiva proposta dal soggetto xyz, specificando che essa vale anche per il giudizio di appello, fino all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Possono, altresì, intervenire anche nei giudizi promossi dalle varie associazioni locali o nazionali, e/o dai comitati cittadini (leggasi Osservatorio per i rifiuti o chi per esso). Nell’eventualità che il giudizio abbia un esito positivo, il giudice è tenuto a determinare con quali criteri procedere alla liquidazione delle somme spettanti ai singoli consumatori o utenti che hanno proposto/aderito alla Class action o che sono successivamente intervenuti nel giudizio.

Queste informazioni di carattere strettamente legale sono state elaborate da uno dei maggiori studi associati italiani di consulenti legali e tributari. In ogni caso, prima d’intraprendere qualsiasi iniziativa è opportuno che ognuno si faccia assistere e consigliare da un legale di fiducia. Forza, diamoci da fare, non è più possibile consentire a chicchessia di giocare con la nostra pelle e con la nostra salute.

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