Passa per Aversa la soluzione al problema rifiuti?

di Redazione

emergenza rifiutiLa soluzione definitiva del problema legato allo smaltimento dei rifiuti forse esiste. Fu proposta dal professor Ettore del Giudice, docente di varie materie tecniche presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, già nell’agosto del 2006, eppure in tanti, troppi, hanno fatto finta di non vedere e non sentire. video

Sul quotidiano economico napoletano Il Denaro, nell’agosto di ben due anni fa, un articolo intitolato “Scarti industriali fonte d’energia”, presentava al vasto pubblico degli addetti ai lavori la proposta del professor Del Giudice per trasformare i rifiuti della Campania in un’inesauribile risorsa energetica. Il progetto, elaborato dal docente della Seconda Università di Napoli, proponeva all’amministrazione comunale partenopea di risolvere definitivamente le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti, applicando una nuovissima tecnologia, derivata da un brevetto americano.

L’idea del professore del Giudice, era quella di far diventare Napoli la prima città d’Italia a trasformare i rifiuti solidi urbani e quelli industriali in energia pulita, senza alcun pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente e, per giunta, a costo praticamente nullo. Per ottenere questo risultato, dall’apparenza fantascientifico, sarebbe bastato utilizzare le tecnologie brevettate e di proprietà di una grande società statunitense: la I.e.t. Il curatore italiano dell’industrializzazione delle suddette tecnologie era, ed è ancora, il professor Ettore del Giudice. Una delle menti in grado di risolvere un problema di tale rilevanza era un nostro conterraneo eppure quasi nessuno volle prestargli attenzione o, per meglio dire, l’attenzione fu subito superiore ad ogni aspettativa. La bontà del progetto, forse, però, spaventò qualcuno, troppo attaccato “alle tradizioni”. Il professore era partito dal concetto che i rifiuti devono essere considerati una risorsa energetica e non un problema per la collettività.

Perciò è singolare che mentre il Governo cerca di rimediare alle disfunzioni d’anni ed anni di cattiva gestione dei rifiuti, la strategia risolutiva, in grado di mettere fine al problema esiste e si chiama Termolisi. Questa tecnologia, brevettata da un’industria statunitense, permette di ridurre al minimo le problematiche generate dai normali termovalorizzatori.

Negli Stati Uniti e nel resto del mondo già esistono impianti funzionanti, il più grande dei quali riesce ad inghiottire più di 2.000 tonnellate il giorno di rifiuti. Il sistema, fortemente innovativo (a detta del professore), mira principalmente a risolvere la questione ambientale e, contemporaneamente, consente alle aziende di risparmiare sensibilmente sui costi dello smaltimento e su quelli dell’approvvigionamento energetico.

Il progetto del professore del Giudice è stato accolto positivamente in tutte le sedi scientifiche nelle quali è stato presentato. Il professore garantisce di aver già pronto un progetto adatto alle esigenze del comprensorio aversano. L’impianto, di tipo modulare, può essere adattato facilmente alle varie realtà locali. Può soddisfare esigenze che oscillano dalle 50 tonnellate il giorno fino a 2.000 tonnellate. Per il comprensorio aversano l’ideale sarebbe un impianto in grado di gestire quotidianamente circa duecentocinquanta tonnellate. Per la concretizzazione del progetto basterebbe consorziare diversi comuni interessati a co-gestire l’impianto predisposto anche per trasformare in energia elettrica i rifiuti introdotti.

I vantaggi sarebbero numerosi. Prima si produce l’energia da utilizzare nei vari cicli lavorativi, poi, si recuperano i rifiuti industriali il cui smaltimento è particolarmente oneroso. Il principio di funzionamento dell’impianto è quello della termolisi. Un processo di gassificazione che trasforma il carbonio contenuto nei rifiuti all’interno di un reattore primario che raggiunge “solo” la temperatura di 450 gradi. Il processo di termolisi non consente alle diossine e ai furani di formarsi. Entrambe le sostanze, per formarsi, infatti, hanno bisogno di temperature più alte.

Dalla termolisi si libera ossido di carbonio. Questo composto chimico viene bruciato in un reattore secondario ad una temperatura di circa 1200 gradi. La combustione genera vapore ad alta temperatura che mette in movimento una turbina che produce energia elettrica. Tra i tanti usi, il vapore, può essere utilizzato anche per il teleriscaldamento di scuole, ospedali, piscine, palestre ecc. I residui della combustione, presenti nelle celle primarie, sono costituiti da materiali ferrosi, alluminio e ceneri pesanti. Dopo che i metalli sono stati tutti recuperati, anche le ceneri possono essere utilizzate nell’industria. In particolare sono ambitissime dall’industria elettronica, atteso che contengono cadmio, un metallo d’assoluta importanza strategica, utilizzato, tra l’altro, nella costruzione dei telefonini, e che, allo stato attuale, è totalmente importato dall’estero. Con un processo definito pirometallurgico potrebbe, invece, essere facilmente estratto dalle ceneri ottenute dalla combustione dei rifiuti e utilizzato normalmente.

In ogni caso, anche per toglierci alcuni dubbi sulla reale bontà del sistema di termolisi, visto che, tra l’altro, somiglia moltissimo alla cosiddetta Dissociazione molecolare, siamo andati ad intervistare il professore del Giudice nella sua nuova residenza aversana.

Qui di seguito il filmato dell’intervista.

Videointervista al Prof. Del Giudice

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