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Da Ankara il “no” alla tregua del Pkk
ANKARA. L’ex Partito dei Lavoratori Curdi (Pkk), che in realtà adesso si chiama Murat Karaylan, ha offerto ieri al governo di Ankara una sospensione delle ostilità, in cambio della cessazione delle operazioni oltre confine e della sospensione dei piani di attacco su vasta scala ai rifugi dei guerriglieri curdi.
Da Londra, il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato che: ″La mozione approvata la scorsa settimana dal parlamento autorizza il governo a colpire solo il Pkk, ma il governo iracheno deve intervenire perché non si può aspettare all’infinito″. Il ministro degli esteri turco, Ali Babacan, in visita a Baghdad ha affermato: “La questione del cessate il fuoco si pone tra due stati o due eserciti e non con un’organizzazione terrorista”. Ieri sera il Pkk aveva comunicato di essere disposto ad un cessate il fuoco nel caso l’esercito turco avesse smesso di attaccare le loro posizioni, abbandonando i propositi di incursione (in Nord Iraq) e impegnandosi per la pace. Questa crisi evidenzia le contraddizioni della politica turca e l’impotenza del governo iracheno, ma chiama anche con forza sul banco degli imputati gli Stati Uniti d’America. George W. Bush e Condoleezza Rice, in questi giorni, si sono affannati a far abbassare i toni dello scontro, blandendo da un lato le rivendicazioni turche e dall’altro
rassicurando le autorità del Kurdistan iracheno. Domani, il parlamento curdo si riunirà per discutere dell’eventualità dell’intervento armato delle truppe turche all’interno dei territori della provincia autonoma del Kurdistan iracheno.
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