Cina: il 17° congresso comunista tra aperture e contraddizioni

di Redazione
Hu Jintao e Jiang ZeminPECHINO. Creazione di una nuova leadership, ruolo di potenza internazionale, controllo delle minoranze etniche, unificazione con Taiwan, lotta alla corruzione, riforma del sistema dell’istruzione. Questi alcuni dei temi che il Partito Comunista Cinese sta discutendo nel corso del 17° congresso.
Un congresso definito da molti politologi “di transizione” ma che in realtà avviene in un momento estremamente delicato per la Cina; un periodo caratterizzato da un eccellente sviluppo economico ma anche dall’aumento del divario tra ricchezza e povertà e dal forte ruolo conquistato all’interno della comunità internazionale.

Congresso cineseIl presidente Hu Jintao ha evidenziato la necessità della creazione di un socialismo armonioso, unica soluzione per far fronte alle aspettative di un popolo cinese che ha visto nel giro di pochi anni solo gli effetti negativi del capitalismo come l’ineguale redistribuzione della ricchezza o l’incredibile distruzione ambientale. Gli obiettivi del presidente Hu Jintao in campo economico e sociale sono una riforma dell’economia che procuri un miglioramento della qualità a scapito della quantità puntando allo sviluppo di marchi cinesi ma anche alla salvaguardia dell’ambiente. In campo sociale è prevista l’attuazione di una serie di riforme per diminuire l’enorme divario fra ricchi e poveri; il presidente ha annunciato la volontà di potenziare la classe media, dare educazione gratuita, cure mediche, una pensione ed una casa sicura a tutti i contadini delle regioni meno sviluppate. Sottolineata l’esigenza di una maggiore democratizzazione interna al partito necessitata sia dalla corruzione sia dalla spaccatura interna al partito cinese che vede contrapposta la corrente di Hu Jintao con quella di Jiang Zemin. L’obiettivo è il potenziamento dei meccanismi di elezione dei dirigenti e del controllo del loro operato per stanare i dirigenti “Stravaganti, spreconi e corrotti”. Affrontato anche il probolema delle minoranze etniche, le preoccupazioni per un tentativo di indipendenza da parte del Tibet sono tutt’altro che infondate, basti pensare al caos creato dalla visita ufficiale del Dalai Lama alla Casa Bianca.

Altro tema trattato è il controllo dell’isola di Taiwan, uno stato che nei fatti è indipendente da oltre mezzo secolo, ma, per ovvi motivi politici ed economici, escludendo il Vaticano, non è riconosciuto da alcuno stato: “Non permetteremo a nessuno, con nessun mezzo, di separare Taiwan dalla madrepatria” ha affermato Hu Jintao, spingendo per una pace unilaterale, volta alla creazione di un’unica nazione.

Difficile al momento un percorso verso la democratizzazione della Cina, basti pensare che oltre ad essere membro permanente (con diritto di veto) del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’espansione economica cinese ha comportato l’acquisizione del debito pubblico di molte nazioni occidentali tra cui gli Usa. La Cina allo stato attuale ha molteplici interessi commerciali verso stati come la Birmania, ricca di risorse minerarie, e il Sudan, in particolare verso una regione chiamata Darfur, ricca di petrolio venduto a poco prezzo in Cina. E’ chiaro il ruolo di superpotenza economica e politica conquistato dalla Cina, costringendo le potenze occidentali ad attendere un futuro progresso verso la democrazia.
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