Sentenza TAR Centrale Elettrica Orta di Atella

di Redazione

Centrale Elettrica ORTA DI ATELLA. L’Ing. Antonio Pascale, responsabile Energia di Legambiente Campania ci ha inviato la sentenza del Tar Campania n° 7361 relativo alla controversia Comune di Orta di Atella – Edison sulla costruzione della Centrale Termoelettrica da 800MW.

“La sentenza del Tar a favore di Edison non cade come un fulmine a ciel sereno. – Commenta Pascale – La centrale, purtroppo, aveva già tutte le autorizzazioni. Ora c’è solo da sperare in un ricorso al Consiglio di Stato visto che le condizioni ambientali attuali, rispetto a quelle riportate nello studio di impatto ambientale del 2000, sono totalmente cambiate considerando, tra l’altro, che a 4 km di distanza, e precisamente a Teverola, è già in esercizio una nuova mega centrale da 400MW. Con l’eventuale realizzazione della Centrale di Orta di Atella la Provincia di Caserta produrrebbe energia per tutto il SUD ITALIA!”. Estratto sentenza: “Secondo la giurisprudenza consolidata in materia, perché la domanda risarcitoria sia accolta occorrono tre presupposti: 1) un danno effettivo; 2) il nesso di causalità tra il comportamento antigiuridico dell’amministrazione ed il danno; 3) la colpa dell’amministrazione. Quanto al primo punto, questo Collegio non ignora l’autorevole precedente dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 7/2005) in cui è stata affermata la non risarcibilità del danno da ritardo qualora il provvedimento tardivo sia negativo e non sia stato impugnato. Il caso di specie è però diverso, perché il diniego è stato impugnato; inoltre non sembra possibile dubitare della sussistenza di un danno effettivo, derivante dall’essere stati indotti ad acquistare il terreno (confidando nella realizzazione della centrale) e nell’aver immobilizzato gli ingenti capitali necessari per l’investimento. In altre parole, il danno non deriva tanto dal ritardo in sé, quasi fosse assimilabile ad una sorta di danno esistenziale; deriva piuttosto dalle spese e dall’immobilizzazione dei capitali conseguenti al comportamento del Comune. Quanto al secondo punto, non vi è dubbio che sussista il nesso causale tra l’illegittimo comportamento dell’amministrazione (che rigetta la richiesta del permesso di costruire, dopo aver suscitato, con numerosi e significativi atti, un legittimo affidamento da parte della ricorrente circa l’effettiva possibilità di costruire la centrale) ed il danno subito dalla ricorrente. Infine, il Tribunale ritiene che il comportamento dell’amministrazione sia senza dubbio colposo. Al riguardo, il Consiglio di Stato (sez. IV, sent.n. 3169 del 14/06/2001) ha precisato che va accolta una nozione oggettiva di colpa, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento ed, in linea con le indicazione della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall’amministrazione, anche alla luce delle valutazioni discrezionali rimesse all’organo, dei precedenti della giurisprudenza, delle condizioni concrete e dell’apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento; sicché l’amministrazione sarà chiamata a risarcire il danno solo se si renderà responsabile di una violazione grave delle regole di settore. Applicando tali principi al caso di specie, non può dubitarsi della sussistenza di una violazione di tal genere: come si è detto in precedenza circa la sussistenza del vizio di eccesso di potere, il comportamento del Comune è stato gravemente sleale e scorretto. Quanto alla liquidazione del danno, questo Collegio ritiene opportuno rimettere tale liquidazione ad un accordo tra le parti, ai sensi dell’art. 35 D. L.vo n. 80 /98. I criteri cui le stesse dovranno attenersi sono i seguenti: quantificare le spese sostenute dalla ricorrente per la redazione dei progetti e per l’acquisto dei terreni; a tale somma andranno aggiunti gli interessi legali maturati a partire dal 18.02.2004; da tale somma detrarre la cifra verosimilmente conseguibile dalla ricorrente in caso di rivendita dei terreni a terzi.” Si ringrazia lo sportello del Laboratorio Regionale “Ambiente & Legalità” del Circolo Legambiente Geofilos di Succivo (CE) per aver prontamente fornito la Sentenza del Tar.

sentenza completa

TAR Napoli, Sez. VII, 04 luglio 2007 / 07 agosto 2007, n. 7361 (Pres. Guerriero, est. Passarelli di Napoli)

Secondo la giurisprudenza consolidata in materia, perché la domanda risarcitoria sia accolta occorrono tre presupposti: 1) un danno effettivo; 2) il nesso di causalità tra il comportamento antigiuridico dell’amministrazione ed il danno; 3) la colpa dell’amministrazione.
Quanto al primo punto, questo Collegio non ignora l’autorevole precedente dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 7/2005) in cui è stata affermata la non risarcibilità del danno da ritardo qualora il provvedimento tardivo sia negativo e non sia stato impugnato. Il caso di specie è però diverso, perché il diniego è stato impugnato; inoltre non sembra possibile dubitare della sussistenza di un danno effettivo, derivante dall’essere stati indotti ad acquistare il terreno (confidando nella realizzazione della centrale) e nell’aver immobilizzato gli ingenti capitali necessari per l’investimento. In altre parole, il danno non deriva tanto dal ritardo in sé, quasi fosse assimilabile ad una sorta di danno esistenziale; deriva piuttosto dalle spese e dall’immobilizzazione dei capitali conseguenti al comportamento del Comune.
Quanto al secondo punto, non vi è dubbio che sussista il nesso causale tra l’illegittimo comportamento dell’amministrazione (che rigetta la richiesta del permesso di costruire, dopo aver suscitato, con numerosi e significativi atti, un legittimo affidamento da parte della ricorrente circa l’effettiva possibilità di costruire la centrale) ed il danno subito dalla ricorrente.
Infine, il Tribunale ritiene che il comportamento dell’amministrazione sia senza dubbio colposo. Al riguardo, il Consiglio di Stato (sez. IV, sent.n. 3169 del 14/06/2001) ha precisato che va accolta una nozione oggettiva di colpa, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento ed, in linea con le indicazione della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall’amministrazione, anche alla luce delle valutazioni discrezionali rimesse all’organo, dei precedenti della giurisprudenza, delle condizioni concrete e dell’apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento; sicché l’amministrazione sarà chiamata a risarcire il danno solo se si renderà responsabile di una violazione grave delle regole di settore.
Applicando tali principi al caso di specie, non può dubitarsi della sussistenza di una violazione di tal genere: come si è detto in precedenza circa la sussistenza del vizio di eccesso di potere, il comportamento del Comune è stato gravemente sleale e scorretto.
Quanto alla liquidazione del danno, questo Collegio ritiene opportuno rimettere tale liquidazione ad un accordo tra le parti, ai sensi dell’art. 35 D. L.vo n. 80 /98. I criteri cui le stesse dovranno attenersi sono i seguenti: quantificare le spese sostenute dalla ricorrente per la redazione dei progetti e per l’acquisto dei terreni; a tale somma andranno aggiunti gli interessi legali maturati a partire dal 18.02.2004; da tale somma detrarre la cifra verosimilmente conseguibile dalla ricorrente in caso di rivendita dei terreni a terzi.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA NAPOLI SETTIMA SEZIONE nelle persone dei Signori: FRANCESCO GUERRIEROPresidente GUGLIELMO PASSARELLI DI NAPOLI Ref. , relatore CARLO POLIDORI Ref. ha emesso la seguente SENTENZA nell’udienza pubblica del 04 Luglio 2007 sul ricorso n. 7814 dell’anno 2005 proposto daEDISON S.P.A. rappresentato e difeso da: LUIGI PISCITELLI, PIERMARIO GATTO, CARLO IACCARINO con domicilio eletto in NAPOLI, Via S. Pasquale a Chiaia n. 55 presso Carlo Iaccarino contro COMUNE DI ORTA DI ATELLA rappresentato e difeso da: UMBERTO GENTILE con domicilio eletto in NAPOLI, via Melisurgo n. 4 presso avv. Andrea Abbamonte per l’annullamento, previa sospensiva, a) diniego del permesso di costruire relativo alla costruzione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato, adottato in data 22.08.05 e comunicato con nota n. 10444 del 23.08.05, nonché della relazione istruttoria allegata al diniego e della stessa nota di comunicazione; b) delle deliberazioni del Consiglio Comunale n. 23 del 28.07.03 e n. 30 del 03.10.03, con cui è stata disposta la revoca del protocollo di intesa per la realizzazione dello stesso progetto, approvato con delibera n. 46 del 1999;

nonché, con motivi aggiunti, c) della nota emessa dal Sindaco di Orta di Atella n. 151 del 4.01.07, con cui si ribadisce la più totale contrarietà alla realizzazione della centrale sul territorio del Comune; nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale nonché per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza degli illegittimi atti impugnati da quantificarsi in corso di causa o da determinarsi in via equitativa ai sensi degli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 80/1998 come novellati dall’art. 7 della legge n. 205/2000, stabilendo i criteri di liquidazione del danno ed il termine da assegnarsi ex art. 35 comma 2 cit.;

Visto il ricorso ed i relativi allegati; Letti gli atti di causa; Udito il relatore alla pubblica udienza, ref. Guglielmo Passarelli di Napoli; Uditi gli avv.ti come da verbale; Ritenuto in fatto Con ricorso iscritto al n. 7814 dell’anno 2005, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

– di essere un’importante impresa nel settore della produzione di energia elettrica e di aver previsto la realizzazione di una centrale nel Comune di Orta di Atella; lo stesso comune aveva auspicato la localizzazione della centrale nel proprio territorio, tanto ciò vero che con delibera n. 46 del 1999 era stato approvato un protocollo di intesa finalizzato a definire le condizioni ed i reciproci obblighi in vista della realizzazione della predetta centrale, e tale protocollo era stato sottoscritto da entrambe le parti; il Comune, in sostanza, aveva confermato il proprio interesse alla realizzazione della centrale ed aveva autorizzato la ricorrente ad attivare la procedura di VIA, impegnandosi ad adottare gli atti di sua competenza; con delibera n. 12 del 28.02.00 il Comune adottava una variante al piano regolatore, localizzando la centrale in zona F6; nel corso della procedura di VIA tutte le autorità interessate (compreso il comune) esprimevano parere favorevole ed il procedimento si concludeva positivamente con decreto VIA n. 7126 del 10.05.02; la variante al piano regolatore veniva definitivamente approvata prevedendosi, all’art. 32 delle NTA, che l’area dovesse essere lontana dal centro abitato e dotata di un’ampia fascia verde attrezzata a parco; sicché in data 07.07.03 la ricorrente chiedeva il rilascio del permesso di costruire, ma il Comune opponeva una serie di carenze documentali. La ricorrente assecondava i rilievi del comune, acquistando i terreni (ed impegnando un notevole capitale) e rielaborando completamente il progetto; osservava inoltre come la disciplina urbanistica dovesse ritenersi completa, perché la definizione dei parametri edilizi non aveva senso per un impianto tecnologico; in data 16.09.04 il Comune confermava ancora il proprio interesse all’iniziativa, chiedendo la convenzione stipulata con la ricorrente; la ricorrente provvedeva a fornire al Comune la convenzione. Tuttavia, il Comune rigettava l’istanza, sostenendo che la disciplina urbanistica della zona era incompleta, che mancando un definizione dei parametri di intervento la progettazione sarebbe stata elaborata con arbitraria valutazione delle consistenze e delle dimensioni edilizie ed urbanistiche; e che pertanto, prima dell’elaborazione del progetto, era necessaria l’approvazione del piano particolareggiato esecutivo. Inoltre, il progetto sarebbe stato redatto considerando unicamente gli interessi della società trascurando tutte le altre necessità pubbliche e si porrebbe in palese contrasto con la normativa edilizia ed urbanistica in vigore ad Orta di Atella;

– che il mutamento improvviso di orientamento da parte del Comune è palesemente dovuto a ragioni di carattere politico ed elettoralistico; ed infatti solo dopo la comunicazione del diniego la ricorrente ha scoperto l’esistenza delle delibere impugnate sub b), con cui prima si prendeva atto della unanime volontà contraria alla realizzazione della centrale e poi si disponeva la revoca del protocollo di intesa. Il comportamento del Comune era dunque gravemente sleale, perché mentre confermava il proprio interesse alla realizzazione della centrale, esprimeva parere favorevole in sede di VIA, adottava una variante al piano regolatore proprio al fine di consentire la costruzione dell’impianto, induceva la società ad investire oltre 9.000.000 di euro, in realtà intendeva alla fine impedirne la realizzazione. Nelle more del giudizio, il Sindaco emetteva la nota n. 151, dalla quale si desumeva che il Comune era stato convocato ad una riunione di enti e funzionari pubblici, e con la quale puntualizzava di essere assolutamente disinteressato agli esiti della riunione, confermando la totale contrarietà all’istallazione della centrale, fosse pure per la produzione di un solo megawatt di energia, non escludendo forme di contestazione popolare.

Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali. Si costituiva l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. All’udienza del 04.07.2007, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione. Considerato in diritto

La parte ricorrente impugnava i provvedimenti sub a) e b) in epigrafe per i seguenti motivi, con il ricorso introduttivo: 1) la delibera del Consiglio Comunale n. 23 del 28.07.03 è illegittima per contraddittorietà con i precedenti atti dell’Amministrazione, carenza di motivazione perché non sono assolutamente esposte le ragioni di interesse pubblico: non è ipotizzato alcun rischio ambientale (escluso dalla VIA) ma si cede a pressioni di non meglio precisate associazioni ambientaliste; violazione dell’art. 107 TUEL, perché una simile decisione spettava al dirigente e non al consiglio comunale; manca del tutto la comparazione tra i diversi interessi contrapposti, ed in particolare manca del tutto la considerazione dell’interesse alla produzione di energia; 2) la delibera del Consiglio Comunale n. 30 del 03.10.03, con cui è stata disposta la revoca del protocollo di intesa per la realizzazione dello stesso progetto, è anch’essa illegittima per violazione dell’art. 7 l. n. 241/90, attesa l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento; delle norme sul funzionamento degli organi collegiali, nonché le norme statutarie e regolamentari del comune, atteso che la questione non era all’ordine del giorno ed è stata trattata in forza di una presunta urgenza; violazione dell’art. 11 l. n. 241/90, attesa la mancanza di qualunque sopravvenuto motivo di interesse pubblico a sostegno della revoca; non è stato inoltre previsto un indennizzo; 3) il diniego è illegittimo perché retto da motivazioni esclusivamente politiche; è stato violato l’art. 10 bis l. n. 241/90, attesa l’omessa comunicazione, prima della formale adozione del provvedimento negativo, dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda; l’istruttoria è stata conclusa dopo l’emissione del diniego; la motivazione è erronea, non essendo necessaria l’approvazione del piano particolareggiato esecutivo, atteso che tutti i dettagli relativi alla realizzazione dell’impianto sono stati decisi in sede di VIA; inoltre il piano particolareggiato attuativo si riferisce agli edifici, ma non ha senso se riferito ad un impianto tecnologico (non vi è alcuna necessità di urbanizzazione); non è affatto indispensabile un piano particolareggiato di iniziativa pubblica, ben potendosi stipulare una convenzione di lottizzazione (più volte proposta dalla ricorrente); non è affatto vero che la ricorrente abbia presentato, dopo le osservazioni del Comune, un piano identico al primo; l’approvazione di un piano particolareggiato, comunque, dipende dal Comune e l’ente non può far gravare sulla ricorrente tale mancanza, specie dopo aver sottoscritto, fin dal 1999, un protocollo di intesa per la realizzazione della centrale; 4) si insiste nella domanda risarcitoria, attesi gli ingenti capitali investiti ed il danno derivato dall’immobilizzazione del capitale e la profonda slealtà e scorrettezza dimostrata dal Comune.

Impugnava altresì il provvedimento sub c) in epigrafe con i seguenti motivi aggiunti: 1) la nota n. 151 conferma pienamente l’illegittimità degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo, dimostrando ancora una volta come gli atti in questione siano affetti dal vizio di eccesso di potere: non vi è alcuna giustificazione al diniego, se non motivazioni di carattere politico; l’ostilità pregiudiziale non potrebbe essere più palese ed è dovuta al malcontento popolare che di solito circonda la realizzazione di impianti di questo tipo; 2) la nota è in contrasto con le delibere della Giunta Regionale n. 469 del 25.03.04, e n. 1514 del 29.07.04, che hanno riconosciuto l’opportunità e la necessità della centrale; inoltre il Comune non può arrogarsi il potere di paralizzare l’attività di monitoraggio sulla centrale né ritenersi libero di rifiutare le decisioni della Regione in materia; qualunque valutazione in merito di impatto ambientale è stata già adottata in sede di VIA ed il Comune non può ora, unilateralmente, mutare indirizzo; 3) la nota è affetta da illegittimità derivata dalle richiamate deliberazioni del Consiglio Comunale n. 23 del 28.07.03 e n. 30 del 03.10.03, a loro volta affette dai vizi già censurati con il ricorso introduttivo (eccesso di potere, carenza di motivazione, violazione dell’art. 7 l. n. 241/90, violazione dell’art. 107 TUEL, lesione dell’affidamento, violazione dei principi in materia di delibere degli organi collegiali, violazione dell’art. 11 l. n. 241/90, difetto di istruttoria); 4) eccesso di potere e lesione dell’affidamento.

L’Amministrazione eccepiva l’inammissibilità del ricorso per aver impugnato un atto meramente confermativo di un diniego già emesso e non impugnato (cioè l’atto adottato in data 23.07.03, delibera di C.C. n. 23); nel merito, il protocollo di intesa non impegnava affatto il Comune e non determinava obblighi contrattuali a suo carico; è infondata la censura di incompetenza, atteso che l’atto ha valenza di indirizzo politico amministrativo e pertanto rientra nelle competenze del Consiglio; è infondata la censura di violazione dell’art. 7, atteso che nessun apporto avrebbe potuto dare la ricorrente, in quanto il Comune aveva comunque deciso di impedire la realizzazione della centrale; per lo stesso motivo, si invoca l’applicazione dell’art. 21 octies quanto alla violazione dell’art. 10 bis; la motivazione è corretta e completa, attesa la necessità del piano particolareggiato di esecuzione; la ricorrente avrebbe dovuto contestare l’inerzia del comune (relativa all’adozione di tale piano) con la procedura del silenzio, ed invece ha prestato acquiescenza; non vi è alcuna prova del danno che la ricorrente sostiene di aver subito. Il ricorso per motivi aggiunti è inammissibile perché la nota n. 151 esprime una mera manifestazione di volontà politica; si ribadisce l’inammissibilità del ricorso. Il ricorso è in parte fondato, e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati; in parte inammissibile.

Preliminarmente, occorre rigettare l’eccezione di inammissibilità opposta dal Comune, secondo il quale il diniego del permesso di costruire sarebbe un atto meramente confermativo della delibera del Consiglio Comunale n. 23 del 28.07.03. Così non è, sia perché tale delibera non risulta essere mai stata comunicata alla società ricorrente, sia perché prendere atto della unanime volontà (politica) contraria alla realizzazione della centrale non è atto identico ad un diniego del permesso di costruire.

Nel merito, è in primo luogo fondata la censura concernente la violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/90. Come ammesso dalla stessa Amministrazione, non è stata data alla ricorrente la comunicazione, prima della formale adozione del provvedimento negativo, dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda.

Tuttavia, anche attesa la possibilità di applicare l’art. 21 octies, appare opportuno non fermarsi alle censure di carattere formale, ma esaminare anche quelle di carattere sostanziale.

Occorre osservare che risulta fondato, sotto diversi profili, il terzo motivo del ricorso introduttivo. Infatti, è erroneo sostenere la previa necessità del piano particolareggiato attuativo, qualora (come accaduto nel caso di specie) sia stata approvata una variante al piano regolatore prevedendosi, all’art. 32 delle NTA, che l’area dovesse essere lontana dal centro abitato e dotata di un’ampia fascia verde attrezzata a parco: l’Amministrazione aveva già valutato favorevolmente la realizzazione della centrale in quel sito, e quindi non può successivamente addurre la necessità di una previa approvazione di uno strumento attuativo (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1258/2003). Inoltre, come correttamente osserva la ricorrente, non appare necessario un piano particolareggiato anche perché tutti i dettagli relativi alla realizzazione dell’impianto sono stati decisi in sede di VIA.

Soprattutto, il diniego risulta viziato da eccesso di potere. La necessità della previa adozione di un piano particolareggiato è palesemente strumentale, atteso che lo scopo dell’Amministrazione è quello di impedire, comunque, la realizzazione della centrale: ciò si evince in modo chiarissimo dalla nota del Sindaco, impugnata con i motivi aggiunti. In questa nota il Sindaco dichiara di essere assolutamente disinteressato agli esiti della riunione, conferma la sua totale contrarietà all’istallazione della centrale, fosse pure per la produzione di un solo megawatt di energia, e non esclude forme di contestazione popolare. Dunque, è evidente che il diniego è dovuto a motivazioni di carattere politico (il timore di contestazioni popolari, con conseguente perdita di consenso) e che la motivazione di carattere urbanistico (mancanza del piano attuativo) non è la vera ragione del diniego. Come correttamente osserva la ricorrente, la nota n. 151 conferma pienamente l’illegittimità degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo, dimostrando ancora una volta come gli atti in questione siano affetti dal vizio di eccesso di potere: non vi è alcuna giustificazione al diniego, se non motivazioni di carattere politico; l’ostilità pregiudiziale non potrebbe essere più palese ed è dovuta al malcontento popolare che di solito circonda la realizzazione di impianti di questo tipo. La sussistenza del vizio di eccesso di potere è confermato anche dalle difese dell’Amministrazione, secondo la quale la comunicazione di cui all’art. 7 l. n. 241/90 non avrebbe potuto cambiare alcunché, atteso che nessun apporto avrebbe potuto dare la ricorrente, perché il Comune aveva comunque deciso di impedire la realizzazione della centrale. E risulta confermato anche dal fatto che l’adozione del piano attuativo spetta al Comune, sicché l’Amministrazione non può far gravare sulla ricorrente tale mancanza. Il vizio di eccesso di potere risulta inoltre palese dall’intero comportamento del Comune, gravemente censurabile sotto i profili della lealtà e della correttezza. Risulta infatti per tabulas che: con delibera n. 46 del 1999 era stato approvato un protocollo di intesa finalizzato a definire le condizioni ed i reciproci obblighi in vista della realizzazione della predetta centrale, e tale protocollo era stato sottoscritto da entrambe le parti; con delibera n. 12 del 28.02.00 il Comune adottava una variante al piano regolatore, localizzando la centrale in zona F6; nel corso della procedura di VIA tutte le autorità interessate (compreso il comune) esprimevano parere favorevole ed il procedimento si concludeva positivamente con decreto VIA n. 7126 del 10.05.02; la variante al piano regolatore veniva definitivamente approvata prevedendosi, all’art. 32 delle NTA, che l’area dovesse essere lontana dal centro abitato e dotata di un’ampia fascia verde attrezzata a parco.

L’Amministrazione nega che il protocollo di intesa costituisca un vero e proprio accordo ex art. 11 l. n. 241/90, con conseguenti obblighi contrattuali a suo carico; di tale assunto è però ragionevole dubitare, atteso che il Comune (paragrafo 3) “si impegna a rilasciare, se richiesto, nei limiti delle proprie competenze eventuali atti autorizzatori”, a condizione che la ricorrente ottenga altri pareri cui tali atti autorizzatori sono subordinati, e riservandosi di adottare una diversa decisione nel caso in cui la procedura di VIA raggiunga conclusioni che sconsigliano la realizzazione dell’opera nel sito indicato. E’ difficile sostenere che l’impegno assunto dal Comune non abbia alcun rilievo giuridico e possa essere smentito, senza che si siano verificate le condizioni previste nello stesso protocollo.

Ma, indipendentemente dal valore da attribuire al protocollo d’intesa, è evidente che oltre alla sottoscrizione del protocollo d’intesa l’Amministrazione ha anche approvato una variante al piano regolatore, proprio al fine di consentire la realizzazione della centrale, ed ha espresso parere favorevole in sede di procedura per la valutazione dell’impatto ambientale, permettendo che tale procedura si concludesse favorevolmente. In tal modo, è stato indubbiamente ingenerato nella società ricorrente un forte affidamento circa la sicura volontà del Comune di consentire la realizzazione della centrale. E tuttavia, dopo aver adottato le delibere impugnate sub b), non solo il Comune non provvedeva a comunicarle alla ricorrente, ma in data 16.09.04 confermava ancora il proprio interesse all’iniziativa, chiedendo la convenzione stipulata con la Edison s.p.a.. Risulta pertanto evidente il grave vizio di eccesso di potere: il mutamento improvviso di orientamento da parte del Comune è palesemente dovuto a ragioni di carattere politico ed elettoralistico, ed il comportamento del Comune è stato gravemente sleale, perché mentre confermava il proprio interesse alla realizzazione della centrale, esprimeva parere favorevole in sede di VIA, adottava una variante al piano regolatore proprio al fine di consentire la costruzione dell’impianto, induceva la società ad investire oltre 9.000.000 di euro, in realtà intendeva alla fine impedirne la realizzazione. Si può aggiungere che le preoccupazioni di carattere ambientale non possono giustificare il diniego, atteso che la VIA ha avuto esito positivo.

Limitatamente all’impugnativa della nota sub c), il ricorso è inammissibile: la nota n. 151 esprime una mera manifestazione di volontà politica, peraltro non rivolta alla ricorrente; a quanto è dato comprendere, il Comune era stato invitato ad una riunione di enti ed amministrazioni pubbliche, e con la suddetta nota dichiarava di non volervi partecipare, affermando la più totale contrarietà alla realizzazione della centrale. Sicché, se da tale nota si evince in modo palese la strumentalità delle motivazioni di carattere urbanistico del diniego, per altro verso la stessa non può ritenersi autonomamente lesiva degli interessi della ricorrente. Gli altri motivi possono ritenersi assorbiti. Appare fondata anche la domanda risarcitoria. Secondo la giurisprudenza consolidata in materia, perché la domanda risarcitoria sia accolta occorrono tre presupposti: 1) un danno effettivo; 2) il nesso di causalità tra il comportamento antigiuridico dell’amministrazione ed il danno; 3) la colpa dell’amministrazione. Quanto al primo punto, questo Collegio non ignora l’autorevole precedente dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 7/2005) in cui è stata affermata la non risarcibilità del danno da ritardo qualora il provvedimento tardivo sia negativo e non sia stato impugnato. Il caso di specie è però diverso, perché il diniego è stato impugnato; inoltre non sembra possibile dubitare della sussistenza di un danno effettivo, derivante dall’essere stati indotti ad acquistare il terreno (confidando nella realizzazione della centrale) e nell’aver immobilizzato gli ingenti capitali necessari per l’investimento. In altre parole, il danno non deriva tanto dal ritardo in sé, quasi fosse assimilabile ad una sorta di danno esistenziale; deriva piuttosto dalle spese e dall’immobilizzazione dei capitali conseguenti al comportamento del Comune. Quanto al secondo punto, non vi è dubbio che sussista il nesso causale tra l’illegittimo comportamento dell’amministrazione (che rigetta la richiesta del permesso di costruire, dopo aver suscitato, con numerosi e significativi atti, un legittimo affidamento da parte della ricorrente circa l’effettiva possibilità di costruire la centrale) ed il danno subito dalla ricorrente. Infine, il Tribunale ritiene che il comportamento dell’amministrazione sia senza dubbio colposo. Al riguardo, il Consiglio di Stato (sez. IV, sent.n. 3169 del 14/06/2001) ha precisato che va accolta una nozione oggettiva di colpa, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento ed, in linea con le indicazione della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall’amministrazione, anche alla luce delle valutazioni discrezionali rimesse all’organo, dei precedenti della giurisprudenza, delle condizioni concrete e dell’apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento; sicché l’amministrazione sarà chiamata a risarcire il danno solo se si renderà responsabile di una violazione grave delle regole di settore. Applicando tali principi al caso di specie, non può dubitarsi della sussistenza di una violazione di tal genere: come si è detto in precedenza circa la sussistenza del vizio di eccesso di potere, il comportamento del Comune è stato gravemente sleale e scorretto. Quanto alla liquidazione del danno, questo Collegio ritiene opportuno rimettere tale liquidazione ad un accordo tra le parti, ai sensi dell’art. 35 D. L.vo n. 80 /98. I criteri cui le stesse dovranno attenersi sono i seguenti: quantificare le spese sostenute dalla ricorrente per la redazione dei progetti e per l’acquisto dei terreni; a tale somma andranno aggiunti gli interessi legali maturati a partire dal 18.02.2004; da tale somma detrarre la cifra verosimilmente conseguibile dalla ricorrente in caso di rivendita dei terreni a terzi. Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, settima sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

1. Accoglie in parte il ricorso n. 7814 dell’anno 2005 e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati sub a) e b); dichiara il ricorso inammissibile limitatamente all’impugnativa dell’atto sub c);

2.Accoglie la domanda di risarcimento dei danni, e per l’effetto condanna il Comune di Orta di Atella a proporre a favore dei ricorrenti, entro il termine di giorni novanta dalla notifica della presente sentenza, il pagamento di una somma tenendo conto dei criteri indicati in motivazione;

3.Condanna il Comune di Orta di Atella a rifondere alla Edison s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 4.000 (quattromila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 04.07.2007

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