Partito Democratico, casa dei Riformisti, casa della Democrazia

di Redazione

PDAll’Italia serve un partito vero, ampio, grande, che organizzi una nuova partecipazione di popolo alla vita politica e al governo della cosa pubblica. Un partito che risponda alle esigenze di nuovo protagonismo dei cittadini e di salvaguardia del bipolarismo.

Che rilanci la politica come luogo del servizio all’interesse generale, contro le rendite culturali e non solo culturali, anche nel campo economico e sociale, contro il corporativismo. Politica come servizio e interesse generale: due concezioni dell’agire pubblico che il Partito Democratico ha la missione di reinventare nelle forme più moderne della democrazia, combattendo la frammentazione degli interessi ed il conflitto di interessi in politica. La risposta è trasparenza e partecipazione come modalitàdi essere quotidiana di un partito vero, non un partito come aggregato di tanti comitati elettorali.Francesco Del Franco Un partito che sa unire i riformisti non solo perché serve a rendere più forte e saldo il governo, ma perché è lacondizione per dare vita ed attuazione ad un grande progetto di cambiamento dell’Italia, per il quale serve un grande partito nel quale ci si appassiona, nel quale la democrazia interna e il pluralismo culturale è dato non solo dal confrontotra più componenti riformiste, tra più riformismi, ma soprattutto dal confronto e dalla collaborazione tra più riformisti, in quanto persone con le loro esperienze e le loro idee, anche individuali. Nel Partito Democratico che vogliamo la democrazia interna non è solo questione di fredde regole. Con ciò non intendiamo negare che sia decisivo osservarle e farle osservare per evitare che comandi l’oligarchia, ma intendiamo affermare che la democrazia è il DNA costitutivo del Partito Democratico. Un partito di popolo, un partito di iscritti, eletti ed elettori, a ciascuno dei quali segmenti costitutivi sono garantiti il circuito e gli strumenti per esercitare diritti e poteri: il potere degli iscritti di eleggere i loro leader e i loro dirigenti; il potere degli elettori di selezionare i candidati alle elezioni di ogni livello, anzitutto attraverso le primarie per il candidato premier e per le cariche monocratiche. Il potere degli eletti di esercitare con ampia autonomia il mandato ricevuto. Un partito a rete, non gerarchicamente piramidale; fatto di gruppi dirigenti diffusi. Il partito democratico può assumere così la forma di quel partito centrale alla politica italiana e alla coalizione di centro sinistra che dia continuità all’azione, alla ricerca e al rinnovamento dei riformisti collocati sul versante progressista dei due poli che si contendono la maggioranza e il governo del Paese. Per dare la dimensione dell’innovazione, anche rispetto alla tradizione, che pure va valorizzata , preferisco, più che dei riformismi, definire questo partito come il partito dei riformisti. A parte che è inutile unire ciò che c’è già, occorre unire ciò che sino ad oggi è sfuggito al percorso unitario dell’Ulivo: tutti i riformisti dentro i partiti di riferimento attuali e fuori di essi. E’ tuttavia importare ricordare che senza l’Ulivo, i suoi gruppi unici in Parlamento, le sue liste nelle tre elezioni passate, i suoi gruppi e le sue liste nelle regioni e negli enti locali, il Partito democratico non potrebbe nascere. Ogni riformista nel Partito, a conclusione della fase costituente, conteràsecondo il metodo “una testa un voto”, indipendentemente da dove viene. Conterà un voto nelle primarie, nei referendum sulle grandi questioni, nelle assise congressuali, nella scelta dei dirigenti che dovrà avvenire sempre con voto segreto (come in tutte le organizzazioni democratiche, i documenti politici esigono il voto palese che richiede la scelta responsabilee trasparente, non trasformista di ciascun soggetto, mentre sulle persone il voto deve essere segreto). La fase costituente serve anche a transitare verso una forma partito moderna, plurale, democratica e fortemente radicata nel territorio. Perciò fino alle elezioni del 2009, quando il partito si misurerà nel voto e nascerà in quanto tale, occorre favorire azione e discussione comuni in luoghi aperti, non separati, di partito. La sintesi va creata sempre più intensamente già nella fase costituente. La trasversalità del dibattito è un valore, non un ostacolo all’unitàe alla sintesi. Il pluralismo e la sua valorizzazione non è ostacolo allo sviluppo del Partito democratico, a condizione che non sia fatto da giustapposizioni di gruppi e correnti giàdati e precostituiti. Se procediamo seguendo queste linee guida, sarà meno contorta e faticosa la via della nascita del partito democratico, la cui forma saràgiàsostanza nel comportamento di tutti i suoi attori.

Francesco Del Franco, Segretario DS Aversa

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