Aversa, il Fisco lo cercava da 20 anni: finanzieri trovano la “Maschera di Ferro”

di Redazione

Una frode da quattro milioni di euro è stata scoperta dalla Guardia di finanza di Napoli, che si è servita, una novità per questo tipo di indagini, di tutte le opportunità di controllo fiscale ‘in diretta’ fornite dall’introduzione della fattura elettronica.  L’operazione “Maschera di Ferro” ha visto i militari impegnati in numerose perquisizioni in aziende campane del settore siderurgico, ed è il frutto di una sinergia tra gli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria, della Guardia di finanza di Napoli e della Direzione centrale dell’Agenzia delle entrate finalizzata al contrasto all’evasione fiscale attraverso la cosiddetta “frode carosello”.

La maggiore rapidità di controllo dei dati ottenuta grazie alle fatture elettroniche – spiega uno degli investigatori – “ci ha permesso di riconoscere ed intercettare immediatamente gli attori del raggiro”. Gli investigatori sono anche riusciti stavolta a mettere meglio in risalto il ruolo dei clienti, non sempre inconsapevoli vittime. I finanzieri hanno fermato un uomo, 60 anni, residente ad Aversa (Caserta), che da 20 anni era irreperibile.

Il nome dell’operazione (“Maschera di ferro”) si ispira proprio a questo personaggio, definito “inquietante” dagli investigatori, di cui, finora quasi niente si sapeva. I finanzieri, stamattina, si sono recati nell’ultima abitazione, ad Aversa (dove vive da oltre 20 anni), luogo in cui l’uomo era stato segnalato: i proprietari dell’appartamento (modesto, proprio per non dare nell’occhio) che percepivano l’affitto in nero, hanno riferito ai militari di non avere, da tempo, notizie del loro inquilino. Ma lui era lì, a poca distanza, mentre, sicuro di non essere riconoscibile, si godeva la scena. E invece i finanzieri, in possesso di una sua foto, hanno intuito che potesse essere nei paraggi e sono riusciti a individuarlo e a bloccarlo. Gli è stato sequestrato tutto quello che aveva in quel momento con sé )chiavi dell’auto, documenti, cellulari, carte di credito) e conti correnti.

Da ulteriori accertamenti potrebbero emergere nuovi profili e, forse, anche altre responsabilità. Individuarlo non è stato facile: ci sono voluti mesi di appostamenti, attività tecniche (anche con gps) e di riscontri, per stringere il cerchio. Il 60enne non ha una residenza, non ha alcun bene intestato, non ha alcun cellulare intestato (i suoi numeri telefonici, che cambiava spessissimo, erano tutti intestati ad altri). Inoltre, non aveva alcun rapporto con la moglie da cui si è separato.

Sono 17 complessivamente le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta. Effettuate 14 perquisizioni: nel mirino anche due grosse aziende di San Marco Evangelista e Portico di Caserta (insieme ad altre due ditte nelle province di Napoli e Salerno) che erano i maggiori clienti del 60enne. E qui sta l’altra novità importante: questa volta i finanzieri sono convinti di aver trovato le prove che i clienti della società principale fossero al corrente della truffa. Lo dimostrerebbero le intercettazioni nelle quali gli imprenditori chiedevano uno sconto sul prezzo dell’acquisto proprio puntando sul fatto che la “ditta principale” non avrebbe pagato l’Iva. In un caso, c’è addirittura la telefonata per chiedere quando “sarebbero tornati in pista” visto che l’imprenditore doveva effettuare degli acquisti e che aveva bisogno di prezzi “calmierati”.

L’indagine, avviata nel marzo 2018 e chiusa in pochi mesi, potrebbe però adesso allagarsi. In particolare si stanno effettuando accertamenti sulla documentazione contabile in possesso del 60enne per capire come gestiva i soldi che riusciva a nascondere allo Stato.

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