Carla Caiazzo, bruciata dall’ex quando era incinta: Cassazione conferma condanna a 18 anni

di Redazione

Confermata dalla Cassazione la condanna a 18 anni di reclusione nei confronti di Paolo Pietropalo, accusato di tentato omicidio e stalking per aver dato fuoco alla ex compagna Carla Ylenia Caiazzo, incinta della loro bambina all’ottavo mese di gravidanza. La donna riuscì a salvarsi e da allora è stata sottoposta a numerosi interventi per porre rimedio ai danni delle ustioni. In primo grado Pietropaolo era stato condannato a 18 anni con rito abbreviato dal gup, e il 28 novembre 2017 la Corte d’Appello di Napoli aveva convalidato la sentenza.

Il fatto era avvenuto a Pozzuoli il primo febbraio del 2016: il movente di questo tentato femminicidio è stato indicato dagli inquirenti nella gelosia dell’uomo. Pietropaolo, che dopo avere aggredito Carla era scappato in auto, fu arrestato dai carabinieri e successivamente condannato a 18 anni sia in primo sia in secondo grado. Agì per gelosia, dal momento che Carla, pur aspettando una bambina da lui, aveva un nuovo compagno. La donna fu soccorsa da un vigilante che spense le fiamme gettandole addosso dell’acqua. Trasportata al Centro ustioni dell’ospedale Cardarelli, diede alla luce la sua bimba con taglio cesareo. In questi anni ha dovuto subire decine di interventi, ma oggi le sue condizioni sono buone.

“La Cassazione ha fatto giustizia non solo per Carla ma per tutte le donne che quotidianamente sono vittima della violenza bieca di pusillanimi”, ha detto l’avvocato Maurizio Zuccaro, legale di Carla Caiazzo. “All’epoca – ricorda Zuccaro – ritenevo il Paese pronto per accogliere una proposta di legge come quella dell’omicidio di identità che oggi, seppur riveduta e corretta, è il vessillo dei governi pentastellati. Quella legge non è la mia, né dei 5 Stelle – sottolinea Zuccaro – è una legge delle donne e per le donne. Uccidere l’identità è un omicidio a tutti gli effetti. Condannare a vivere una vita con un volto diverso merita la giusta punizione per i colpevoli sempre più protesi ad infelicitare le vittime piuttosto che ucciderle”.

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