Le difficoltà delle famiglie tra inflazione e stagnazione economica

di Redazione

 E’ tempo di dati, statistiche e relazioni di attività. E’ consuetudine che a metà dell’anno ci siano dei bilanci e dei consuntivi sull’andamento della economia.

In questo periodo sono stati approvati tutti i bilanci degli Enti Locali e dei principali Enti dello Stato, mentre molte associazioni d’impresa tracciano le linee guida delle loro future attività.

Il quadro che si desume da queste analisi è sconfortante per molti aspetti, preoccupante per altri.

La crisi economica è sottolineata dall’andamento negativo della Borsa che continua a registrare su tutti i mercati internazionali continue perdite. Il prezzo del petrolio e dei generi di prima necessità continua ad aumentare, trascinando al ribasso il valore del dollaro e trasportando in alto l’euro.

I tassi in Europa sono sistematicamente rialzati dalla Banca Centrale, fissati per il momento a 4,25%, un livello molto alto che fa aumentare il costo del denaro, i mutui ed il debito pubblico.

La riunione del G8 in Giappone non è servita a nulla ed il mondo continua a correre senza sapere dove va e perché.

La situazione italiana appare particolarmente complessa e difficile.

Il tasso di crescita europeo è previsto al 2,1%, mentre per l’Italia si prevede che si attesterà su un modestissimo 0,3%, accompagnato da un’inflazione che si stima potrà raggiungere il 4%.

La situazione è grave, la denuncia del Governatore della Banca d’Italia Draghi è seria, sono messe in discussione le già precarie condizioni di vita dei ceti più deboli e dei lavoratori, che si vedono erosi i propri redditi dalla inflazione e dal mantenimento elevato del prelievo fiscale.

La Confindustria parla di contenere i salari per non fare aumentare i prezzi, come se esistesse uno stretto rapporto tra le due cose. Infatti, tutti si affannano a spiegare che l’aumento dei prezzi è dovuto alla crescita dei costi dei beni energetici e del grano. Ed allora, perché se i salari si adeguano alla inflazione subita i prezzi devono crescere ancora? Ma a questa domanda nessuno vuole rispondere, perché da quando il mondo funziona le crisi le debbono pagare i più deboli.

Mentre tutto questo scenario si materializza il nostro ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, spiega alla Europa come si procede per istituire una tassa sulla speculazione, che resta un bel esercizio accademico, ma tutti la ritengono inapplicabile. Insomma, la confusione regna sovrana sotto il cielo d’estate.

Anche i sindacati sembrano confusi e divisi. Le tre sigle principali, invece di ricercare quello che le unisce, cercano un’identità perduta che sarà difficile da ritrovare, viste le mutate condizioni della politica italiana.

Nessuno immagina la necessità di rilanciare una politica di sviluppo attorno ad un grande piano del lavoro legato all’ambiente ed al territorio, ad una nuova politica dei redditi che riesca a mantenere dentro parametri controllati prezzi, tariffe e salari dignitosi.

In questi giorni caldi, quello che preoccupa di più coloro che hanno a cuore lo sviluppo del nostro Paese e che tutto quello che dovrebbe essere fatto per avviare questa fase di ripresa, non è presente in nessun luogo dove questi temi debbono essere affrontati: Ministeri, Parlamento, Banche, Imprese e Sindacati.

Se in queste sedi non si discute di sviluppo, anche i giornali e le televisioni se ne occupano poco e male, per cui il Paese avverte un crescente malessere e non riesce nemmeno a vederlo preso in considerazione, analizzato, considerato.

Siamo all’inizio di una fase difficile da affrontare, che gli italiani, senza l’aiuto della sua classe dirigente risolveranno con fatica e da soli.

Ma del resto è stato sempre così, perché meravigliarsi? Il clima tra la gente è quello di una rassegnazione obbligata, e sembra che siano ritornati i tempi dell’Italia contadina; quando c’erano le cattive annate ed il raccolto era scarso.

Bisognava farlo bastare, si stringeva la cinghia e si lavorava più di prima, con la speranza che l’anno successivo il raccolto sarebbe stato abbondante per tutti.

Gli italiani sono sempre gli stessi, con lo stesso coraggio e la stessa voglia di lavorare di sempre, ma quello che manca in questi mesi è la speranza che possano arrivare dei nuovi periodi di crescita.

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