Pirata investe una 16enne: soccorsa dal padre, muore in ospedale

di Emma Zampella
 MILANO. Un’auto che sfreccia sulla statale
Padana Superiore e la vita di Beatrice che viene spezzata dall’incuranza di chi
non si ferma a soccorrerla.

Arrivano le persone, le voci si rincorrono e
rincorrono quel corpo che, privo di vita, si adagia sull’asfalto in una notte
d’estate. È passata da poco mezzanotte quando tra quei soccorritori speranzosi
di poter fare qualcosa per quella giovane vita, arriva anche Nerio, che, con le
lacrime agli occhi avverte l’amara sorpresa. Quella ragazzina, 16 anni ancora
da compiere, è sua figlia. Un dolore gli squarcia il petto. Non prova odio per
chi ha distrutto la sua vita e quella della sua famiglia, ma con un filo di
voce riesce a mala pena di chiedere che quell’uomo, quel pirata che ha
investito sua figlia, venga preso.

“Non mi restituirà mia figlia, ma spero lo
prendano. Non si fa così, non si fa”. Beatrice non riavrà la sua vita, ma
almeno la giustizia che le spetta e che merita. Una ragazzina, studentessa del
liceo artistico, ha diritto ad avere giustizia. D’altronde l’auto che l’ha
travolta mentre attraversava in bici, insieme al cugino Giovanni, 18 anni,
quella strada provinciale senza protezioni e senza luci, non le ha nemmeno
prestato soccorso. Non un cenno, non un gesto d’attenzione.

Sorridente ed
allegra Beatrice tornava da una serata passata con gli amici a Gorgonzola prima
di tornare come sempre a casa, in una cascina Mirabello, un complesso
residenziale ricavato da un’antica cascina, al di là della statale Padana
Superiore, dove la famiglia Papetti, papà, mamma e due figlie, si era
trasferita un anno e mezzo fa. Proprio papà Nerio ha soccorso la sua piccola
Beatrice.

“Non si fa così”, ripete quel papà che ha ancora negli occhi le
immagini tremende della notte: lui era di servizio, come ormai da 30 anni, su
una ambulanza del Vos Gorgonzola. Era in un’altra zona quando è stato avvertito
dell’incidente: Giovanni aveva chiamato il 118. Sul luogo dell’investimento era
già stata avviata un’altra ambulanza ma anche Nerio, ottenute le autorizzazioni
necessarie, si è precipitato a sirene spiegate guidando il suo mezzo. In 4
minuti è arrivato sul posto mentre i suoi colleghi stavano già caricando la
figlia per portarla in ospedale.

Una scena tremenda. “Ho capito subito”,
sussurra. “L’auto andava sicuramente forte, dal punto dell’ impatto a dove era
il corpo di mia figlia c’erano circa 70 metri e la bicicletta era a 100 metri”
dice con una voce che mista alle lacrime ha ancora la forza per un ultimo appello:
“Questo criminale si consegni. Io faccio il volontario su ambulanza e gli dico:
fermati, perché quando investi una persona non puoi non avere la coscienza di
fermarti e invece andare via”. Beatrice è stata portata all’ospedale di Melzo,
ma le lesioni erano troppo gravi e la giovane è morta nella notte.

A cascina
Mirabello per tutto il giorno in tanti si sono presentati per portare conforto
ai genitori, e in tanti ricordano che da anni i residenti aspettano un
sottopasso, “o almeno un minimo di illuminazione” per quell’attraversamento
“che non doveva, non doveva costare così tanto”, sussurra Riccardo, amico di
famiglia. “Non si può morire così a 16 anni – ha urlato la nonna di Beatrice –
non ci credo”.

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