Mafia, sequestro da oltre 40 milioni tra Italia e Romania: colpito il patrimonio di Fabio Lanzafame

di Redazione

Un patrimonio costruito nell’ombra, fatto di immobili di pregio, società, conti correnti e denaro contante, è finito sotto sequestro su impulso della procura distrettuale della Repubblica di Catania. Un’operazione di ampio respiro, condotta dalla Guardia di finanza, che ha colpito beni per oltre 40 milioni di euro riconducibili a Fabio Lanzafame, classe 1972, ritenuto su base indiziaria contiguo alle famiglie mafiose Santapaola-Ercolano e Cappello-Bonaccorsi.

L’esecuzione del provvedimento, disposto dal Tribunale di Catania – sezione misure di prevenzione, è stata affidata ai finanzieri del comando provinciale di Catania, con il supporto del comando provinciale di Gorizia e il coinvolgimento di Eurojust, in collaborazione con l’autorità giudiziaria rumena. I sequestri hanno interessato beni situati in Italia, tra le province di Catania, Siracusa e Gorizia, e all’estero, nelle città rumene di Bucarest e Pitesti.

Il contesto investigativo – L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati, anche oltre i confini nazionali. Le indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania nell’ambito delle operazioni denominate Revolution Bet e Crypto, hanno consentito di delineare il profilo di Lanzafame come soggetto socialmente pericoloso, presupposto per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali previste dal Testo unico antimafia.

Le condanne e i legami con i clan – Ferma restando la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva, Lanzafame è stato condannato nel 2020 e nel 2022 a una pena complessiva di circa sette anni di reclusione. Le sentenze hanno riconosciuto il suo ruolo di organizzatore di un’associazione a delinquere dedita all’esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, alla truffa aggravata ai danni dello Stato, al trasferimento fraudolento di valori, all’autoriciclaggio e al riciclaggio dei proventi illeciti. Contestata anche l’aggravante di aver agevolato il gruppo Placenti, articolazione della famiglia Santapaola-Ercolano nel quartiere catanese di Lineri, e il clan Cappello-Bonaccorsi, favorendo l’infiltrazione dei sodalizi mafiosi nel mercato illegale delle scommesse online e nel controllo occulto di agenzie e Centri trasmissione dati attivi in Sicilia.

Il contributo “tecnico” alle organizzazioni mafiose – Secondo quanto emerso nei procedimenti, a Lanzafame viene attribuito un concorso esterno nei sodalizi mafiosi Santapaola-Ercolano e Cappello-Bonaccorsi. Pur non essendo stabilmente inserito nelle organizzazioni, avrebbe fornito un contributo sistematico, ideando e mettendo a disposizione dei clan l’apparato tecnico e informatico necessario alla gestione delle scommesse online. Un sistema complesso di reti telematiche, supportato anche da suoi collaboratori, che avrebbe garantito il funzionamento dell’architettura digitale e il riconoscimento alle consorterie mafiose di una percentuale significativa sugli introiti delle giocate.

Riciclaggio e cripto-valute – Le indagini più recenti coordinate dalla procura catanese hanno fatto emergere ulteriori condotte finalizzate al riciclaggio, tra cui la trasformazione di ingenti somme di denaro contante in cripto-valute e l’intestazione fittizia di beni e attività economiche a terzi. Operazioni ritenute funzionali a occultare l’effettiva consistenza del patrimonio e a ridurre il rischio di sequestri.

Il patrimonio sequestrato – Gli approfondimenti economico-finanziari, svolti anche attraverso strumenti di cooperazione internazionale, hanno consentito di ricostruire una situazione patrimoniale ritenuta del tutto sproporzionata rispetto ai redditi leciti dichiarati. Su proposta della procura, il Tribunale di Catania ha disposto il sequestro di prevenzione di 20 attività commerciali, di cui 12 in Italia e 8 all’estero, attive nei settori dei giochi, delle scommesse e dell’immobiliare. Sotto vincolo anche 89 beni immobili tra Italia e Romania: uno in provincia di Catania, 30 nel Siracusano, uno a Gorizia, tre a Bucarest e ben 57 a Pitesti. Tra questi figurano una porzione di un palazzo storico nel centro di Ortigia, a pochi passi da piazza Duomo, una palazzina neoclassica di circa 900 metri quadrati nel cuore di Pitesti e una villetta signorile di 280 metri quadrati con giardino nella stessa area residenziale. Completano il quadro due autovetture, 20 conti correnti bancari e somme di denaro contante, per un valore complessivo stimato in oltre 40 milioni di euro. Per la gestione dell’ingente patrimonio sequestrato è stato nominato un amministratore giudiziario. IN ALTO IL VIDEO

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