Un complesso turistico-ricettivo di 27mila metri quadri, “Costa del Capitano”, incastonato sul costone tufaceo della località Succhivo, nel Comune di Serrara Fontana, sull’isola di Ischia, è finito sotto sequestro preventivo nell’ambito di un’indagine della Procura della Repubblica di Napoli. Gli accertamenti della sezione Edilizia e ambiente, supportati dal Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza, hanno spinto il giudice per le indagini preliminari del tribunale partenopeo a intervenire su un’area considerata ad altissima sensibilità paesaggistica, urbanistica e idrogeologica.
L’indagine e il sequestro – Il provvedimento cautelare riguarda otto persone ed è scaturito da rilievi aerei effettuati durante missioni di monitoraggio dell’isola, condotte con elicotteri dotati di sensoristica avanzata. L’attività investigativa, avviata per tutelare l’integrità del territorio, ha portato a documentare presunte trasformazioni abusive su suolo demaniale marittimo soggetto a vincoli stringenti. Le ipotesi di reato spaziano dalla lottizzazione abusiva alla realizzazione di una discarica in zona di protezione integrale, fino ai delitti di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici.
Le trasformazioni contestate – Secondo gli accertamenti, l’area sarebbe stata oggetto, sin dal 1958, di interventi edili mai autorizzati, ritenuti responsabili di un’alterazione irreversibile del costone tufaceo. Le investigazioni aerofotogrammetriche condotte dal personale del reparto di volo hanno individuato opere e attività antropiche non consentite, che avrebbero inciso su complessi rocciosi formatisi nel corso dei millenni, accelerando processi di distacco e crollo in un contesto naturale riconosciuto come fragile.
Gli approfondimenti tecnici – Una relazione affidata a un esperto in urbanistica e a una docente di geologia ambientale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II ha confermato la presenza di volumetrie artificiali, cunicoli, terrazzamenti e cavità ricavate nella roccia viva in assenza di certificazioni e autorizzazioni. Le verifiche hanno evidenziato anche il deposito di materiali di risulta lungo la falesia, dove è stata rinvenuta una discarica di circa 200 metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi, utilizzati – secondo l’ipotesi accusatoria – per consolidare scarpate e terrazzamenti.
La struttura e le opere contestate – L’intero complesso, edificato su circa 27mila metri quadrati, sarebbe stato ricavato scavando ed erodendo il costone tufaceo per modellare grotte e ambienti artificiali destinati all’accoglienza turistica. Le trasformazioni, ampiamente pubblicizzate sui canali social della struttura, sono al centro dell’indagine che contesta violazioni alla normativa urbanistica e paesaggistica vigente. IN ALTO IL VIDEO, SOTTO UNA GALLERIA FOTOGRAFICA







