Una promessa di lavoro stabile, in realtà un ingranaggio di sfruttamento fatto di turni massacranti, alloggi fatiscenti e minacce velate. È il quadro che emerge dall’indagine che ha portato a tre arresti nel Catanese per tratta di esseri umani, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Le misure cautelari sono state eseguite dalla polizia in esecuzione di un’ordinanza del gip del tribunale etneo, che ha accolto la richiesta della procura guidata da Francesco Curcio. In azione anche il commissariato di Caltagirone, che ha collaborato all’esecuzione dei provvedimenti nei confronti di un 54enne, un 52enne e un 56enne.
La promessa di un lavoro e il trasferimento in Sicilia – L’indagine è partita dal racconto di una delle vittime, un lavoratore di origine marocchina che viveva in Francia. L’uomo sarebbe stato convinto dal 52enne a lasciare il Paese in cui risiedeva per trasferirsi a Ramacca, in provincia di Catania, con la prospettiva di un impiego stabile. Una volta arrivato in Sicilia, però, la realtà si sarebbe rivelata ben diversa: il lavoratore è stato reclutato nella fattoria del 54enne e da quel momento, secondo gli inquirenti, sarebbe iniziato un percorso di sfruttamento sistematico.
Turni massacranti e paghe da fame – Nella ricostruzione degli investigatori, la vittima era costretta a lavorare per circa 14 ore al giorno, con retribuzioni del tutto sproporzionate rispetto all’impegno richiesto e alle previsioni contrattuali. Nei primi mesi avrebbe percepito un compenso di 550 euro mensili (1,26 euro l’ora), poi aumentato a 650 euro (1,49 euro l’ora) e infine a 800 euro (1,84 euro l’ora). “Importi assolutamente iniqui – riferiscono dalla procura di Catania – rispetto a quelli previsti dall’ultimo contratto collettivo provinciale di categoria, che prevede una retribuzione oraria pari a 8,9 euro l’ora”.
Alloggio fatiscente e condizioni igieniche estreme – Le indagini hanno consentito anche di documentare le condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza sul lavoro, definite pessime dagli inquirenti. Il lavoratore era costretto ad alloggiare in uno stabile fatiscente, infestato da topi, attiguo al deposito del mangime per gli animali, senza riscaldamento né servizi igienici. Per lavarsi, secondo quanto ricostruito, doveva attingere l’acqua con un contenitore da un sito di raccolta esterno. Quando ha manifestato problemi di salute a causa di un ascesso sul collo, per evitare che si recasse in ospedale sarebbe stato sottoposto a un trattamento sanitario improvvisato con un ago riscaldato. Una situazione, sottolinea la procura di Catania, che si inserisce nel contesto di sfruttamento contestato ai tre arrestati.
I ruoli dei tre indagati nell’azienda agricola – Secondo l’accusa, le condotte di sfruttamento lavorativo attribuite al 54enne sarebbero state condivise, a vario titolo, anche dagli altri due indagati. “Le condotte di sfruttamento lavorativo contestate al 54enne sono state contestate anche agli altri due indagati – rileva la Procura –. Il 52enne perché concorreva all’instaurazione del rapporto di lavoro a condizioni di gravissimo sfruttamento e il 56enne perché assumeva il ruolo di intermediario all’interno dell’azienda agricola, occupandosi di gestire i lavoratori reclutati nel corso della prestazione lavorativa, nell’attività di disbrigo pratiche, svolgendo un ruolo di guardiano teso ad impedire che i lavoratori non abbandonassero il posto di lavoro, nonostante la consapevolezza delle condizioni degradanti cui erano sottoposti”. IN ALTO IL VIDEO

